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18 dicembre 2013 Buon Natale e Felice Anno nuovo Ci si chiedeva oziosamente con alcuni amici se quest’anno avremo
un Natale povero o un Natale triste. In ogni caso, la prima opzione non
poteva che essere causa della seconda e, tuttavia, bisognava anche stabilire
la chiave di lettura della domanda. La cosa, circoscritta alla nostra città, aveva la caratteristica
dell’una e dell’altra opzione, qualsiasi fosse l’angolazione prospettica
dalla quale si osservasse il fenomeno. Dal
nostro punto di vista principale (quello socio-politico, naturalmente), la
tristezza traspare da ogni angolo e permea di sé le strade, le case, le
piazze, i vicoli, nonostante gli sforzi di qualche volontario – quanto
isolato e non disinteressato – tentativo di vivacizzare le serate
prenatalizie con manifestazioni gastronomico-musicali, intese a mitigare il
gelo atmosferico e ambientale che stringe la città come in una morsa. Per il resto, luci fioche o assenti, viali deserti, negozi
semivuoti, bar dalle presenze frettolose o piantonati dai soliti habitué della briscola o del
tressette, prodighi di parole, ma piuttosto parchi nell’uso del portamonete. La casa comunale, abbondantemente mimetizzata da imponenti
impalcature, non porta benessere ai sammarchesi: denaro e lavoro fanno la
gioia – legittima, per carità – di cittadini e lavoratori di altre comunità,
meno sfortunate della nostra. Noi, invece, respiriamo a pieni polmoni l’orgoglio di avere i
nostri totem umani, ai quali rivolgere devozione e gratitudine, mentre alcune
famiglie piangono le conseguenze letali di non poter più ricorrere, in loco,
ad un posto attrezzato per le emergenze gravi ed urgenti. Ecco, quindi, che quando dovremo infiocchettare di addobbi il
nostro albero di Natale, faremo a meno del solito abete, troppo tradizionale
e noioso, visto e rivisto dappertutto. Infiocchetteremo e addobberemo il
nostro totem semovente; lo sposteremo da una piazza all’altra a seconda delle
esigenze dei cittadini; gratificheremo le crisi di astinenza di qualche
tifoso storico o dell’ultima ora; ne produrremo immagini posterizzate
da affiggere nei luoghi pubblici accanto a quella di Papa Francesco, affinché
qualcuno, finalmente, si accorga della differenza. Intanto, Natale incombe; sta per arrivare con il suo bagaglio di
tradizioni, i suoi presepi, i profumi della vigilia, i suoi riti religiosi,
le sue nenie infantili, il suo richiamo alla pace; e gli auguri, di cui, mai
come quest’anno, si avverte il bisogno. Ma cosa ci si può augurare in questo Natale? Che l’anno finisca senza ulteriori danni? Che finalmente qualcuno
prenda coscienza della propria inadeguatezza? Che la prossima primavera sia
foriera di novità positive? Che il ricordo e la celebrazione della nascita
del Cristo svegli la città dal suo sonno secolare? Che molti uomini
riscattino la propria peculiarità di esseri pensanti? O, per dirla con Papa Bergoglio, che
finisca la vergogna della tangente come consuetudine diffusa? Che alcuni
figli mangino sempre meno “pane sporco”? Che il senso morale si
diffonda nella società per la gioia della divinità in cui si crede? O, molto più semplicemente e da non escludere a priori, che nulla
cambi e tutto resti com’è? Che sopravvivano le questue imploranti presso i
santuari del piccolo “potere” di quartiere? Che il lavoro sia sempre precario
e malpagato? Che crescano sempre più le tasse e i balzelli per servizi
erogati poco e male? Che la ricchezza si accumuli sempre nelle mani di pochi?
A chi dovesse obiettare, si chiede: - Se certe considerazioni non
le fai a Natale, quando pensi di poterle fare? Quando tutto ripiomba nella
quotidiana apatia, tipica delle nostre parti? - Orbene, questo è uno dei significati profondi della festività
natalizia. Questo periodo dovrebbe rivitalizzare il senso di un’etica da
alcuni circoscritta nel perimetro del mondo cristiano e cattolico, ma
riconosciuta, in realtà, in un ambito planetario molto più vasto, fino ai
confini dell’universalità. Eppure, spesso viene sepolta nel campo degli interessi illeciti,
dell’ipocrisia generalizzata, della scaltrezza truffaldina scambiata per
intelligenza viva. La si mostra, infeconda, nei posti di lavoro, fra i banchi
di una chiesa come sulle panchine dei parchi pubblici, a scuola come negli
stadi di calcio, nei salotti come nei supermercati. In suo nome –
ridicolizzandola – si chiede solidarietà, fiducia, appoggio politico,
sostegno economico, fede matrimoniale e quant’altro. E volete che di queste cose non ci si ricordi almeno una volta
l’anno, in tempo di Natale? Non vi pare che il ricordo di una nascita
importante possa far insorgere nella gente almeno la speranza che, con essa,
possa nascere qualcosa di nuovo nelle coscienze? Probabilmente in tutte no. Ma in alcune, forse, si. E saremmo
veramente lieti se potessimo aver contribuito al verificarsi di un simile
evento. Auguri di cuore. Luigi
Parrillo |
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