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Scorci
della città politica tra le righe del pensiero divergente |
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31 agosto 2023 Francesco
Talarico l'uomo
che ha visto sorgere e tramontare il sole trentaseimilacinquecento
volte Nell’aula consiliare del Comune di
San Marco Argentano l’atmosfera era di festa e non poteva che essere così. Il
dottor Francesco Talarico (don Ciccio, per i sammarchesisti), sindaco emerito
della città, compiva 100 anni di età. A festeggiarlo c’erano tutti: i
familiari in assetto da grandi occasioni, ex sindaci, vecchi amministratori,
anziani compagni di partito senza distinzione tra quelli di fede e quelli
pentiti, nella cornice cromaticamente variegata di cittadini riconoscenti o
semplicemente curiosi. Si
era tutti lì per stringergli virtualmente la mano, compiaciuti del fatto che
festeggiasse il suo centesimo compleanno, traguardo non comune e, nello
stesso tempo, importante perché siamo di fronte ad un uomo che ha visto
sorgere e tramontare il sole per trentaseimila e cinquecento volte tra un
secolo e l’altro, che ha toccato con mano le difficoltà di due dopoguerra, le
cadute e il risollevarsi della società italiana con particolare riguardo alla
comunità locale del cui graduale sviluppo è stato testimone e coautore. Il
suo ruolo di amministratore, infatti, si è estrinsecato in quei periodi in cui
gran parte della nostra gente soffriva per la carenza di servizi primari, per
cui le lotte dei partiti di sinistra caratterizzavano il panorama politico
italiano, calabrese e, per ciò stesso, sammarchese. Non sto qui a raccontare
dettagli che ai ragazzi di oggi sembrerebbero
appartenere alla notte dei tempi, ma che dovrebbero essere ancora ricordi
lucidi e non abbandonati nella memoria di quanti come me, hanno qualche
decennio sulle spalle. E non solo. Perché se noi rivolgiamo uno
sguardo attento alle nostre periferie notiamo come esse siano rigogliose,
belle, sia dal punto di vista estetico, sia da quello produttivo. E ciò che
vuol dire? Vuol dire che hanno maturato uno desiderio di sviluppo, uno slancio evolutivo che non nasce dal
nulla, ma dall’attaccamento alla propria terra che è un sentimento
paragonabile all’affetto materno. Bisognava allora, in quel periodo, fare in
modo che la gente non abbandonasse il proprio pezzo di terra, la propria
tradizionale abitazione. E perché ciò si realizzasse bisognava che quei
luoghi fossero dotati di quei servizi di urbanizzazione primaria che ne
consentissero una abitabilità degna del periodo storico che incalzava. Se
la gente fosse andata via da quelle terre oggi non avremmo visto la bella
realtà che le caratterizza, ma vedremmo sterpaglia incolta e desolazione.
Ecco perché dico che la memoria va ricostruita sulla storia di ciò che appare
oggi ai nostri occhi. Sono
stato anch’io amministratore di questa città e lo dico con orgoglio. Ricordo
bene come ci fossero ancora delle sacche di disagio per i ritardi nella
soddisfazione di alcune necessità primarie che via via sono state realizzate.
Ma tutti sappiamo che persino il Padreterno non ha creato il mondo in un solo
giorno; e se è vero che è onnipotente avrebbe potuto farlo. Tuttavia dobbiamo
renderci conto che ci sono cose che devono maturare col tempo come la vita di un uomo.
Francesco Talarico è quello che è oggi perché è maturato in un secolo: è
maturata la sua storia e quindi la sua saggezza, il suo essere cittadino, il
suo essere padre, il suo essere amico, il suo essere persona nella sua città. Rifuggendo
da ogni manierismo, dirò di essere stato felice dell’invito rivoltomi
dall’Amministrazione comunale ad esprimere il mio pensiero in questa
occasione straordinaria (lo avrei fatto comunque). Penso, però, che altri
meglio di me avrebbero potuto tracciare un profilo più autentico di Francesco
Talarico per averne condiviso la cittadinanza e gli interessi socioculturali
per un tempo decisamente più lungo. Io, in fondo, sono entrato a far parte
della comunità sammarchese negli anni settanta, ma vi dirò che fino ad oggi
mi sono bastati per comprendere talune personalità, taluni ambienti, talune
situazioni; per misurare la dimensione
globale di alcuni personaggi importanti tra i quali ho ritenuto di poter
annoverare il mio amico Ciccio Talarico, con il quale è sempre avvenuto uno
scambio disinteressato di rispetto e di considerazione umana, senza che la
più piccola nube abbia mai offuscato la chiarezza e la limpidezza dei nostri
rapporti interpersonali. E
questo vuol dire tanto in una piccola comunità dove basta un niente perché si
accendano inutili controversie, spesso dal sapore popolaresco come nelle
commedie del teatro partenopeo, che nonostante la loro pochezza sono talora causa di
criticità, ritardi nella risoluzione dei problemi, di intralcio per lo
sviluppo delle progettualità più utili, di ostacolo per la crescita generale
della città. E
allora, ecco il valore di una personalità forte, che sappia mettere il coperchio
sul ribollire di un pentolone in fermento, che sappia indirizzare le energie
di tutti verso soluzioni utili per tutti e, per quello che ho sentito dire
(perché io non c’ero), Talarico aveva questa capacità che gli derivava
proprio dall’essere il personaggio giusto nel momento giusto e nel contesto a
lui più favorevole. Eh
sì! Perché anche in queste cose bisogna pure che la sorte ti dia una mano. E
la sorte una mano gliel’ha data, non fosse altro che per avergli elargito il
dono della longevità, che non è cosa di poco conto e per la quale sono lieto
di replicargli i miei saluti, manifestare la mia gioia, rivolgergli la mia
stima (che non è un sentimento nato per questa occasione) e garantirgli la
mia presenza ai suo prossimi compleanni. Ancora
auguri di vero cuore. Luigi Parrillo |
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