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La città politica (e non solo) alla luce del pensiero divergente |
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4 luglio 2016 Parliamo di scuola Stasera,
sulla facciata dell’edificio scolastico di Via Vittorio Emanuele, è riapparsa
qualche vecchia porta sottoposta a un leggero maquillage. Come dire: ha preso
mordente. Rimane, fino ad ora inviolato nella sua mortificata vetustà,
il portone centrale, in attesa che mani pietose diano una rinfrescata anche
al suo aspetto decisamente non giovanile. La cosa alimenta il dubbio se le
porte “restaurate” (si fa per dire) più frettolosamente abbiano lo scopo di
far entrare i bambini della scuola elementare o di farli soltanto uscire,
come è accaduto di recente. |
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Ma non uscire per fare ricreazione o per partecipare a lezioni
all’aperto e, quindi, rientrare subito dopo. Dico “uscire” per rimanere fuori
dall’edificio altri due o tre anni (considerate le ultime esperienze) in
attesa di “tempi migliori”. Quali siano i tempi migliori ognuno lo può
immaginare da sé o farsene un’idea precisa. «Altri tempi!» direbbe qualche nostalgico. Tempi in cui determinati
ruoli e funzioni erano più equilibrati, più giusti, più adatti e meglio
distribuiti. Ma tutto passa, tutto scorre, “panta rei” diremmo con Eraclito. Ogni
cosa viene attraversata e travolta irrimediabilmente dalla crudeltà del
tempo. Così la scuola, che si immagina cambiata (riformata, dicono alcuni)
nella sua essenza perché fantasie legislative dell’ultima ora ne disegnano
l’immagine con quattro righe vergate con frettolosa approssimazione su un
decreto legge, senza rendersi conto di persona di ciò che pulsa nelle aule
scolastiche ancora in gran parte obsolete e distanti dalle esigenze dei
fattori primari dell’educazione. La scuola, come tutto il resto ormai, rischia di diventare uno
strumento per arricchire lo status di pochi privilegiati, rinvigorire innati
egoismi, denunciando sotto pelle le pochezze di una classe dirigente da
operetta che ostenta modernità di maniera, ma professa il culto
dell’autoreferenzialità saldamente ancorata a ruoli e funzioni per assolvere
i quali disconosciamo i meriti e le qualità. Ministeri confusi e
ministri “distanti” governano, da un po’ di tempo in qua, uno dei settori più
delicati e importanti della società: la scuola. Ne immaginano gli scopi a
misura delle proprie fantasie politico-elettorali, teorizzando crescite
economiche ed occupazionali, sordi ai dolorosi lamenti delle classi definite
subalterne che, sempre più in tanti, non accorgendosi del decantato (e
millantato) crescere esponenziale della ricchezza generale, varcano
quotidianamente le soglie della povertà. A ciò si aggiungano gli spaventosi impoverimenti culturali che
fanno da brodo di coltura in cui proliferano le figure deputate a ricoprire
posti di responsabilità di qualsiasi livello ed in ogni settore. Basta
accendere un televisore in un’ora qualunque del giorno e della notte ed ascoltare
interviste, consulenze, spazi autogestiti, che vomitano a raffica
strafalcioni di dimensioni astronomiche con la seriosità di attori di
quart’ordine su un modesto palcoscenico di provincia. E nel circo equestre delle sedicenti e fumose importanze,
piovono prebende, indennità, vitalizi. Mentre nella maggior parte delle
scuole di periferia manca persino la carta igienica (per non parlare di ciò
che manca negli ospedali). Ora però, per chiudere il cerchio, facciamo in modo che dalle
porte delle scuole, restaurate o no, entrino non solo alunni desiderosi di
apprendere in un luogo consono ed accogliente, ma anche docenti motivati ai
quali venga riconosciuta tutta la dignità connessa al ruolo e alla funzione.
Poiché docenti ed alunni sono i fattori primari dell’educazione. Nel loro
rapporto equilibrato e scevro da problemi di ordine diverso, lievita la
crescita della scuola. Il resto è carta, scartoffie, burocrazia da quattro
soldi che, spesso, serve a nascondere, come la polvere sotto il tappeto, i
nei o le ferite prodotte sul corpo della scuola da inadeguatezze di ogni
tipo. La scuola reale è una cosa diversa. È un seme che dà frutti a
distanza e che va coltivato senza ipocrisie autolesioniste. Luigi Parrillo |
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