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La città politica (e non solo) alla luce del pensiero divergente |
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Contatti: info@sanmarcoargentano-polis.it |
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30 agosto 2016 |
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Buona fortuna, prof.! Con l’avvento del
tepore settembrino, si apre un nuovo anno scolastico al quale hanno fatto da
apripista le cronache esasperate divulgate dai mezzi di informazione
attraverso tutte le forme nelle quali esse si propongono. Dalle noie procurate ai docenti di ogni ordine e grado per via delle
norme approssimative derivanti dalla legge 107/2015 (la “buona scuola”, per
intenderci) alle inqualificabili manifestazioni di pressappochismo che hanno
disegnato il volto di molte scuole della provincia e non solo, il nuovo anno
parte all’insegna del disordine e dell’incertezza. Sempre più in tanti riconoscono di non sapere un “cavolo” sul proprio
destino e su quello della scuola stessa. Si parte navigando a vista, campando
alla giornata, sapendo di non poter prevedere nulla al di là di un giro
completo delle lancette del proprio orologio. I barconi dei docenti
“migranti” – non tutti, a dire il vero - stanno per toccare, o hanno già
toccato, i loro approdi incerti (perché spesso provvisori), ad onta dei
triennî o dei quinquennî di esilio comminati a mo’ di condanna da bagno
penale dalla sghignazzante ministra Giannini, cui tutto si addice tranne che
quella smorfia di circostanza proditoriamente contrabbandata per un sorriso
di gioiosa soddisfazione. Così, per tanta gente, le scuole hanno assunto la connotazione di centri
di identificazione “a chiamata diretta”, che, a conti fatti, potrebbe voler
dire ad insindacabile giudizio delle figure dirigenziali di turno, alcune
delle quali, già soffocate da repressioni ataviche di ogni genere e da
pauperistiche mortificazioni - anche professionali - hanno recuperato tutto
il senso nostalgico delle Schutz-staffeln e, in luogo
del corto nerbo di cuoio, per manifestare il proprio delirio di onnipotenza,
finalmente liberato e tollerato, utilizzano loschi tentativi di
catechizzazione, mascherata [a quest’ultimo stilema diamo tutti i significati
possibili come verbo, come aggettivo e come sostantivo] da sadiche prove
pseudo-concorsuali ad usum delphini. Vorrei tanto leggere i curriculum
di alcuni dirigenti-sceriffo, che, nella scuola a democrazia movimentista di
ispirazione gianniniana, scambiano la confusione caotica per movimento, in un
gioco dove si mescolano le carte in continuazione e la partita vera non
incomincia mai. D’altra parte non potrebbe essere diversamente in questo
infantilismo legislativo che cambia le regole a partita in corso,
disorientando arbitri e giocatori. Così non vince nessuno; tanto meno la
scuola o gli studenti. E lei sghignazza da ogni giornale, da ogni schermo, da
ogni supporto informativo che si distingua per il cattivo gusto di esibirla
comunque. E si trincera dietro i posti di lavoro. Ma la signora Stefania si è mai chiesta a che cosa serve un posto di
lavoro? Secondo l’accezione comune, dovrebbe servire ad acquisire i cespiti
economici necessari al proprio sostentamento o a quello della propria
famiglia. Se, viceversa, il soggetto deve aggiungere dell’altro denaro
(magari ricorrendo alla generosità di parenti o ad un prestito bancario)
soltanto allo scopo di mantenere vivo lo stesso posto di lavoro, a chi giova
l’occupazione di tale posto se non alla propaganda politico-elettorale o alle
elucubrazioni idiote di tal Rondolino? Non si consideri oziosa la domanda. Ma dopo le mortificazioni subite
dalla gestione Gelmini, la scuola aveva proprio bisogno del calcio nei denti
della sghignazzante Giannini? Povera scuola! Ridisegnata con parole vuote, oltre che ambigue, su un
foglio di carta; regolata da anacoluti normativi nei cui vuoti è possibile
fare di tutto e di più; affidata a piccole anarchie di provincia che si
nascondono sotto il burqa di
anonimi silenzi; peggiorata da centralismi settari che ne minano l’immagine e
ne compromettono la già discussa funzionalità. E il prestigio? Beh, quello è stato offerto in sacrificio ai bulletti
rampanti che razzolano nel cortile di Palazzo Chigi. Luigi Parrillo |
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Alla luce di
tutto ciò, vi proponiamo una
reinterpretazione della celebre poesia di Totò, “A LIVELLA” |
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PARODIA
DI 'A LIVELLA Ogn'anno, il due novembre, c'è l'usanza
CHE GIA’ MINISTRO FU DELL’ISTRUZIONE LEGISLATRICE ACUTA ED APPREZZATA PIU’ VOLTE ELETTA SENZA RIFLESSIONE» 'O stemma dell’Italia 'ncoppa a tutto... anche se, a dir di tutti, è una
stronzata!” |
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