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20 ottobre 2016

A volte ritornano

Il titolo è ispirato al celebre libro di Stephen King - il primo - che l’autore stesso ci presenta con una prefazione, nella quale si legge, tra l’altro, un’espressione di questo tipo: ««... è ancora buio e sta piovendo... C'è qualcosa che ti voglio mostrare, qualcosa che voglio che tu tocchi. …»

E sull’ospedale di San Marco non ha mai smesso di piovere da quando il dio delle tempeste lo ha collocato al centro dell’occhio del ciclone, nel vortice degli interessi di parrocchia fatti passare agli occhi dei più sprovveduti supporter – ma anche dei più accreditati e spregiudicati comprimari - come ragion di Stato.

Ma da cosa traggo, oggi, lo spunto per ritornare su un argomento trito e ritrito come la drammatica storia di cui è stato sciagurato protagonista l’ospedale di San Marco? Da un servizio giornalistico di una emittente regionale, “TEN” (Teleuropa Network, per l’esattezza), in cui i sindaci di San Marco e di Cervicati lamentano le condizioni in cui versa l’ex nosocomio e, con determinato spavento, esprimono i timori che anche quel poco che rimane a livello di risposte sanitarie sarà destinato a sparire lasciando le nostre popolazioni crudelmente prive di qualsiasi supporto sanitario abilitato a dare una prima pronta risposta ad eventuali emergenze. (Video)

«Il vero malato – esordisce il servizio – è proprio l’ospedale. …» E ha ragione. Nessuno, però, ricorda che si tratta di una malattia indotta, procurata, inoculata con paziente perseveranza.

Ma è proprio il servizio televisivo che, immediatamente, induce ad un minimo di considerazione dal punto di vista generale. Di solito, quando entrano in scena le telecamere, scatta automaticamente, in determinati soggetti che si nutrono di popolarità, l’istinto alla celebrazione della liturgia dell’apparire. Stavolta, mancava il retroscena svettante dell’abituale “paolini” nostrano. Incompatibilità verso le strutture sintattiche degli intervistati o verso l’argomento trattato?

In un caso o nell’altro, non ci fa bella figura nemmeno chi vorrebbe farci credere di non conoscere a fondo le cause reali della chiusura dell’ospedale. Qualche piccolo scrupolo di coscienza andrebbe denunciato con un bell’atto di coraggio, che illuminerebbe di luce nuova ruolo e persona.

Oggi, a giochi probabilmente fatti, a nulla vale questo spiccare il volo, come l’uccello di Minerva, sul far della sera, quando è ormai troppo tardi. Ad altri soggetti sono (o sono state) utili attività notturne o, comunque al buio, di nascosto, per tessere trame non palesabili, architettare sottili strategie per finalità recondite, i cui risultati sono quelli che tutti abbiamo sotto gli occhi.

Allo stato attuale, parlare di ospedale a San Marco Argentano è come parlare del ponte sullo Stretto di Messina, con la differenza che questo, almeno, non è stato mai costruito. Bene fa il sindaco di Cervicati, con un minimo di concretezza e di pragmatismo, a parafrasare il detto «Ci avete rubato i buoi, ma lasciateci almeno le corna!»

Queste argomentazioni, naturalmente, non vogliono indurre alcuno a perdere le speranze. Si sa che la speranza è l’ultima a morire. Mi sa, però, che stavolta anche la speranza è in agonia. E se consideriamo a quali mani è affidata, c’è poco da stare allegri.

Tuttavia, se i sindaci contano ancora qualcosa in questo bailamme politico-amministrativo che soffoca la nostra Calabria, non è da escludere che qualche risultato potremmo registrarlo. Chi vivrà vedrà.

Luigi Parrillo