La città politica (e non solo) alla luce del pensiero divergente

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27/02/2015

E adesso santificateli tutti

Visto che, ormai, le beatificazioni le decide l’elettorato supino, non rimane che la santificazione di questi araldi della sanità, i garanti della salute pubblica, con l’inserimento doveroso sul calendario, in un giorno significativo dell’anno.

È vero, come si dice a Napoli, che i figli so’ piezz’e core, ma vorrei sapere: pezzi di che cosa sono i padri che li hanno generati e li “curano” così e, oltretutto pezzi di che materiale prezioso sono i figli degli amici e quelli degli amici degli amici, che abbiano o meno le teste di legno o non si sa di che cos’altro?

Un tempo, i genitori dicevano ai figli: «Studia, figlio mio, altrimenti non ti farai strada nella vita!» Oggi, dopo questi esempi glorificati da gran parte della pubblica opinione, cosa si consiglia ad un genitore come frase esemplare da rivolgere ai propri figli adolescenti perché si preparino a vivere una vita degna, onesta e foriera di successi?

Il pulpito (o quello che ne rimane) è stato ormai soppiantato dalle segreterie politiche; l’altare dai tavoli intarsiati (o, se non intarsiati, comunque di costo elevato) dai quali vengono somministrati tutti i sacramenti, dal battesimo all’estrema unzione, con la buona pace di quanti ne gradiscono l’accezione e di quanti ne sopportano, da dentro e da fuori, la celebrazione del rito liturgico o pseudotale.

Solo qualche fesso (me compreso) si indigna. Per il resto, ci si esibisce “incazzati” in piazza e fedelmente normalizzati nella cabina elettorale. Ed è questo il merito per il quale si viene ad essere privilegiati dalla classe dirigente; lo stesso merito di cui si blatera dai palchi o dai banchi (ahimè!) delle istituzioni per raggirare la gente. Ci sorge il dubbio però, a questo punto, che la gente voglia essere presa in giro sperando di potere, un giorno, oltrepassare il confine del privilegio e intascare il premio ambito.

Altre parole non servono. I fatti ci danno torto.

Forse, per ricchezza d’anni, i miei coetanei ed io non rappresentiamo più l’epoca presente. Ma se questo è lo stereotipo dell’uomo d’oggi lasciatemelo non condividere. Ho l’impressione che, come nel museo di Mosul, stiamo prendendo a picconate quei valori universali che per un quarantennio ho cercato di proporre ai mei allievi come regola di vita.

Luigi Parrillo