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4 dicembre 2014 Tristezza,
sconforto e speranza È triste verificare la
sottomessa rassegnazione e la servile acquiescenza di quanti si lasciano
sommergere da ripetute ondate di malaffare, vortici di manovre truffaldine,
che lasciano senza fiato tanto sono spudorate e palesi, nella giustificata
convinzione della impunità per consuetudine. Sepolte sotto una coltre di silenzio, bieche trame si
intrecciano a disegnare un tessuto di consistenti omertà con cui confezionare
tuniche da schiavi senza linea e senza colore, atte a vestire coscienze in
vendita a pochi spiccioli sul mercato fiorente che caratterizza la fiera
delle viltà. Chi porterà mai alla luce questo sottofondo sociale,
additandolo come un bubbone che appesta il mondo che ci circonda? Chi
pronuncerà mai le parole adatte per condannare uomini e fenomeni? Chi guiderà
le coscienze autonome e ferme, capaci di contrastare il dilagare epidemico
del gene della disonestà? Chi e quanti tireranno fuori dal dimenticatoio il
coraggio e la fermezza per opporsi esplicitamente e nei fatti all’avanzata
irrefrenabile del sotterfugio e del raggiro? Lo sconforto induce a considerare tristemente retoriche le
domande appena formulate, nonostante ci si illuda, di tanto in tanto, che
nuovi angeli possano manifestarsi in ruoli e funzioni nei quali in tanti
hanno riposto speranze. Non vorremmo che il principio delle larghe intese inglobasse nella sua ambigua
ed equivocabile funzione (o finzione) anche la colpevole distrazione
derivante da uno strabismo politico tutto da respingere con forza. Ciò nonostante, barlumi di speranza, che esplodono dall’onestà
intellettuale che presumiamo di possedere, ci inducono a credere ancora che
qualcosa prenda il sopravvento rispetto a certe negatività endemiche. Alcune
istituzioni sociali deliberatamente distanti per pudore o per superbia, per
debolezza o per timore atavico, potrebbero instillare nelle coscienze l’antidoto
efficace contro questo veleno sociale. La parola, proveniente da fonti autorevolmente severe,
potrebbe fare breccia nell’apatia massificata, sciogliendo il gelo
dell’indifferenza, molto simile al silenzio omertoso di cui si nutre quello
che, in apertura, abbiamo definito malaffare. Da ciò si è indotti a dire che
chi è senza coraggio non può ricoprire determinati ruoli ed esercitare
determinate funzioni. Chi non è adatto al ruolo sociale che si è scelto, chi
non sa dare risposte alle speranze della gente, dia forfait, se ne stia a casa, lasci ad altri il compito per il
quale non è tagliato. Perché la speranza è un elemento fondamentale per far brillare
la ricchezza interiore della gente onesta; disilluderla è un delitto.
Alimentarla con argomentazioni sincere significa aprire al futuro con minori
incertezze. Si parta dai giovanissimi, dai ragazzi. Le occasioni per
utilizzare meglio il tempo-educazione non mancano. È un problema di buona volontà. Luigi Parrillo |
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