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San Marco Argentano - Polis

 

 

1 febbraio 2014

 

 

Confessioni, 3ª puntata

 

 

 

 

 

Non era difficile immaginare che la telenovela continuasse (leggi l’articolo). Lo avevamo detto un paio di giorni fa. L’obiettivo? Sempre quello di creare una frattura insanabile tra il centro e le periferie: la vecchia solita strategia che ha fatto le fortune di chi l’ha messa in campo molti anni fa, carpendo la fiducia e la buonafede dei sammarchesi che non vivono in centro.

Chi ha in proprietà esclusiva il pensiero dello sproloquiatore degli ultimi giorni - ovvero del sindaco pentito -, aveva già instillato nelle menti di quelli che lo consideravano loro amico, difensore e salvatore (puntualmente smentiti dai fatti), che il centro urbano fosse un’entità etnicamente diversa, sociologicamente distante e avversa, politicamente nemica.

In tanti, all’epoca, abboccarono all’amo e decretarono i successi politico-economici del pescatore, sedicente taumaturgo, che non si rivelò loro amico, si distinse per falsa cordialità e per avversità, fu politicamente nemico di tutta la popolazione di San Marco (periferie comprese). Basta pensare all’ospedale, al commercio reso difficile dalle cose trascurate - quindi non fatte, alle promesse non mantenute che si ripetono ancora un giorno dopo l’altro, e così via.

E, pantomima per pantomima, ci mancava la finta schermaglia e le finte critiche buttate lì in un’intervista pilotata, tanto per cercare di sviare i legittimi sospetti di connivenza, che non hanno bisogno di menti eccelse per essere formulati.

Ora, finché si tratta di rivalità politiche, siamo disposti a sopportare anche il gioco scorretto del divide et impera. Ma quando si tira in ballo la parola “odio” (leggete con attenzione l’intervista di Termine), la cosa assume un aspetto diverso. Questa è istigazione alla violenza; prima verbale e poi non si sa quale. Il pregiudizio di cui l’Albertone è vittima non può diventare l’arma della vendetta per una vicenda politico-amministrativa finita male per sua esclusiva incapacità politica, sociale e culturale. La sua pochezza individuale potrà generare odio nella sua piccola mente, ma egli non può proiettare il suo malandato subconscio nelle menti di una comunità che ha nella sua storia (per quanto non recente) esempi di grande levatura socio-culturale. Sarebbe inutile fare nomi; li mescolerei inopportunamente in un confronto inutile con fenomeni poco edificanti, quanto insignificanti, da dimenticare subito.

Se si sente foritano(come egli stesso si definisce), lo vada a dire a chi gli ha conferito questa “patente” prendendolo per fesso da quando lo ha classificato. Diversamente, non si libererà mai da questa sudditanza, che incomincia a diventare contagiosa, quasi fosse inoculata da un virus. È un tentativo di guerra “batteriologica” quella che si sta cercando di fare scoppiare tra fazioni della città che sono state create ad arte. Sono sicuro che c’è chi sta facendo proliferare in laboratorio il batterio dell’intolleranza e del pregiudizio nel terreno di coltura della stupidità.

San Marco Argentano non ha fazioni, non ha confini o conflitti fra contrade, né fisici, né culturali. Corre solo il rischio di risultare vittima di chi passerebbe sul cadavere della propria madre pur di mettere in atto i propri progetti di crescita individuale.

È tempo di finirla. Purtroppo, c’è sempre qualcuno che non si accorge di aver perso l’occasione migliore della sua vita: quella di tacere. C’è una sola sostanza che gli piace rimaneggiare: quella che più la rigiri, più emana fetore.

Come sarebbe bello se ognuno si interessasse soltanto delle cose di cui ha competenza!

Luigi Parrillo