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Sentite
cosa Fo… Può accadere, qualche volta, che una trasmissione televisiva
di prima serata, nella fattispecie quella emessa dalla rete ammiraglia della
Rai domenica 1 giugno, induca a riflessioni profonde, che forse vanno al di
là delle intenzioni dei suoi ideatori. In realtà, si trattava della messa in onda di una
rappresentazione piuttosto variegata, che andava in scena all’Arena di Verona
e che rievocava il meglio della lirica e del musical. In quella sintesi
ardita di arte, musica e spettacolo, fece eco tra gli ospiti la figura di
Dario Fo. Questi
dichiarò immediatamente che, nonostante il suo ateismo e la sua adesione
all’ideologia marxista e leninista, avvertiva la necessità di difendere la
figura imponente e significativa di Papa Bergoglio,
recentemente attaccata da noti intellettuali
con la I maiuscola, che interpretavano il suo comportamento e le sue
esternazioni come una pura e semplice strategia pubblicitaria, di marketing,
come se fosse né più né meno che un furbacchione.
La ragione di tutto ciò, sostiene Dario Fo, è dovuta al fatto di aver preso
posizione contro il mondo degli affari
e del grande business internazionale, di avere stigmatizzato l’ossessione del
profitto a danno della povera gente che arranca quotidianamente per far
quadrare il bilancio familiare, spesso non riuscendoci. Il premio Nobel per la letteratura, riconoscendo, invece, al
capo del cattolicesimo una perfetta identificazione tra il nome scelto per la
sua figura papale e il poverello di Assisi, dava una interessante
interpretazione al discorso di Papa Francesco, che distingueva, in maniera
netta, il peccato dalla corruzione. Parlando, il 27 marzo scorso, a quasi cinquecento parlamentari
tra ministri, sottosegretari e i presidenti delle due camere, rievocava il
farisaismo dei tempi di Gesù Cristo. Una classe dirigente che si era
allontanata dal popolo (dominavano soltanto interessi di partito e lotte
interne), lottava solo per affermare la propria ideologia e scivolava
inesorabilmente verso la corruzione. È molto difficile – sosteneva – che un
corrotto riesca a tornare indietro; il peccatore si. Era come se volesse dire che la Chiesa, disposta sempre a
perdonare il peccato, assumeva un atteggiamento diverso nei confronti della
corruzione. Tanto per dirne una, basta ricordare una famosa omelia nella
quale parlò, in termini molto espliciti, di pane sporco. Fu da quel momento, probabilmente, che il papa venuto
dall’altra parte del mondo si alienò le simpatie di un certo ceto,
discutibile sul piano etico, ma che contribuisce in gran parte a determinare
l’andamento dei flussi finanziari interni ed internazionali, da cui
dipendono, purtroppo, anche i governi e le loro vicissitudini. Non è condiviso da una certa categoria sociale, il tentativo
di Francesco di ridisegnare il ruolo della Chiesa. Fa paura la sua
determinazione di migliorare il mondo. «Non rimanete seduti sotto il vostro
campanile mentre il mondo se ne vada dove gli pare» disse ai vescovi in
apertura della conferenza episcopale. E ancora: «Quanto è vuoto il cielo di
chi è ossessionato da se stesso». Poi l’invito a non cadere nella trappola
della mediocrità e del lassismo, che non oppongono barriere alle deviazioni
del mondo della politica e delle cose ad essa correlate. Ecco cosa può offrire una parentesi non strettamente
spettacolare, che impreziosisce una serata offerta da una televisione non
commerciale che, forse non proprio volontariamente, si rivela servizio
pubblico autentico, nelle sue sfaccettature educative e formative. Parlare
alla testa e al cuore, piuttosto che alla pancia, non sarà utile sul piano del
marketing, ma serve alla crescita sociale e culturale, intesa come fondamento
indispensabile perché avvenga il cambiamento del mondo come lo intende Papa Bergoglio. La fede non è solo processioni. È un bisogno interiore che si
alimenta di verità, di bontà e di bellezza. Ma anche di onestà e di parole
forti, quand’anche non gradite dai nuovi farisei. E tra meno di venti giorni, il Papa sarà in Calabria, nella
nostra provincia! Luigi Parrillo |
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