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agosto 2014 L’Agosto che divide Complice
la Pro-Loco (forse ingenua, forse chi lo sa?), l’Agosto sammarchese, che chi scrive ha contribuito a far nascere
tenendolo a battesimo con manifestazioni e serate di riconosciuta
autorevolezza, alimenta sempre più il sospetto che, col passar del tempo, si
traduca in una serie di celebrazioni tribali finalizzate alla ulteriore
frammentazione della società sammarchese, già di per sé in difetto di
coesione per volontà certamente imputabili a soggetti ben noti. Amministratori comunali, che abbiamo visto aggirarsi con aria
dimessa tra le scarse e deboli luci delle serate agostane, sembra che non si
rendano conto di aver favorito uno smembramento innaturale non solo delle
frazioni urbanizzate della nostra cittadina, ma persino di alcuni quartieri
del centro urbano, che hanno eretto un muro virtuale di separazione netta
quasi fossero soggetti di etnia diversa o di differente estrazione
socio-culturale. Ora, finché questo tipo di ridicolo pseudo-integralismo
nostrano risulta utile a fini puramente elettoralistici, si tolleri pure. Ma
solo se rimane limitato nel tempo e nello spazio di una campagna elettorale,
discutibile sul piano culturale e condannabile su quello sociale. Quando, però, il fenomeno assume carattere permanente per le
micro-ambizioni di meteore sociopolitiche dell’ultima ora, va condannato
inesorabilmente al di là di ogni appartenenza politica o di qualsiasi altra
natura. È vero che gli esempi storici della nostra comunità non sono
dei più edificanti. Ne è concausa la mancanza di cultura e di sensibilità
sociale, oltre che storie personali tutte da approfondire nei minimi
dettagli. Ma chi, si presume, abbia avuto un minimo di contatti con ambienti
accademici culturalmente accreditati, non può cedere a certe tentazioni
seminate ad arte e destinate a far presa su coscienze deboli o in malafede. L’illusione dell’immagine al posto della sostanza è un veleno
psicologico da evitare. Non si è mai «bravi
a prescindere» ha scritto su “La Stampa” Massimo Gramellini. Né si può
offrire alla gente il contorno della propria figura che ciascuno potrà poi
riempire a proprio piacimento. Solo in una società superficiale e distratta la gente non si attarda a valutare
qualità e competenze. Ma sono proprio queste caratteristiche negative che
consentono a ben noti mediocri di tagliare traguardi immeritati parassitando
immense distese di ingenuità e di buona fede. Altri, cui riconosciamo un background culturale non ancora
contaminato, avrebbero le capacità di conquistare appieno le proprie libertà,
tra cui primeggia la libertà dal bisogno senza la quale si apre il baratro
del servilismo e/o della corruzione. Patologie, quest’ultime, che si propagano
per contagio. Comprendiamo le prime soddisfazioni; effimere per definizione.
Quelle vere sono di là da venire e sono vincolate alla propria crescita
integrale. Che altrui ambizioni ostacolano. Va rimosso tutto ciò che fa ombra, tutto ciò che offusca, tutto
ciò che deforma, che deteriora, che sporca, che inquina, che mortifica, che
offende. E ciò che divide offende il corpo della città, ne dilania
l’immagine, ne svilisce il prestigio, ne indirizza i brandelli verso
interessi particolari che fanno perdere di vista l’interesse generale, quello
delle popolazioni, delle comunità. È appena il caso di recuperare il senso dell’unità, che molti
citano e che nessuna desidera, alla prova dei fatti. E non si dica che i
fenomeni citati sono irrilevanti. Tutto ha un senso nel disegno generale. I giovani amministratori riflettano. Hanno la capacità e il
tempo (non indefinito) di correggere certe storture. E la volontà? Luigi
Parrillo |
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