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maggio 2014 Comizi
e comizianti Ci si chiedeva, la domenica scorsa, se lo stile di un comizio -
non il comizio in sé - può fornire a chi vi assiste elementi in grado di
delineare con maggiore chiarezza e con dovizia di particolari l’immagine del
“comiziante” nella sua completezza integrale. La cosa può apparire oziosa, inutile, insignificante; ma, spesso,
sono proprio gli interrogativi oziosi a coinvolgerti in una serie di
considerazioni dagli sbocchi logici imprevisti, attraverso tutta una serie di
associazioni di idee, che si inseguirebbero senza soluzione di continuità se,
ad un certo punto non si decidesse di smetterla. Non senza avere, però,
raggiunto una qualche conclusione, che non ti avrà arricchito sul piano
culturale, ma avrà offerto il suo contributo all’ampliamento del senso
pratico. Che una sua utilità ce l’ha, e come! Allora, si prendeva in considerazione il comizio urlato,
quello che non avrebbe bisogno di strumenti di amplificazione sonora per
diffondersi nella piazza, tanto il tono di voce si sprigiona aggressivo e
qualche volta insolente. Dà persino fastidio riascoltarlo. Quale obiettivo vuole raggiungere questo tipo di comizio?
Certamente non quello di convincere. I toni suadenti non sono quelli urlati
dalle parole scaraventate in faccia all’uditorio. Il comizio urlato tende a
mantenere integro un consenso esistente. Esso vorrebbe essere la
dimostrazione di una forza che ti contagi e ti coinvolga, una sorta di muro
di protezione che ti preservi dall’assedio di un potenziale nemico. Vorrebbe
farti sentire al sicuro in un recinto fortificato dal quale si desidera che
nessuno esca. Obiettivo: impedire le fughe. Per questo viene proposto da
persona che parla assumendo pose, linguaggio e tono da oratore propagandista,
immaginandosi infilata in un paio di stivaloni lucidi, mani sui fianchi, e fez con piumino, convinta che l’urlo
non si ascolta, si subisce. Il comizio urlato, però, può essere anche l’esplosione di un
disagio represso o di una rabbia trattenuta per molto tempo, la liberazione
da una prigione psicologica quale può essere una sudditanza utile, ma non
accettata completamente. Può essere la presa di coscienza della propria
debolezza esorcizzata attraverso la scompostezza fisica dell’urlo, che denota
la perdita di controllo della compostezza civile. Quando c’è. Basta ricordare
la celeberrima corda civile del
“Berretto a sonagli” di pirandelliana memoria. C’è, poi, il comizio a prescindere. Quello che spara a
trecentosessanta gradi contro tutto e tutti, ritenendo che il mondo vada
reinventato dalle fondamenta. Facile da proporre nella sua ingenuità
compulsiva; difficile da sostenere consequenzialmente nei fatti, specialmente
quando si tratta di ricostruire verginità perdute da tanto tempo. Di solito,
il comizio a prescindere viene proposto da neofiti di primissimo pelo o da
furboni di tre cotte che di questi ultimi sfruttano le potenzialità e
l’immagine. Rimane da considerare il comizio suadente. Non urlato, né
dimesso. Esso è quasi sempre articolato in ragionamenti logici affidati a
premesse condivisibili e conclusioni corrette nella consequenzialità.
Presuppone un ascolto critico e attento, che la piazza non sempre riesce ad
offrire. Necessita di oratori equilibrati nel carattere e nella personalità
e, oltretutto, che non abbiano magagne da nascondere o – come si dice in
politichese abusato – scheletri nell’armadio. Il comizio suadente, tuttavia, ha difficoltà di penetrazione
in un pubblico che, condizionato da decenni di televisione spazzatura (da
qualcuno considerata “l’oppio degli
infelici”), ama la polemica, la lite, le reazioni scomposte di persone da
quatto soldi disposte a tutto per una manciata di spiccioli. Questi modelli
comportamentali, assolutamente dozzinali, ma che affascinano talune fasce di
pubblico, fanno perdere di vista le differenze tra il bello, il buono,
l’utile e il brutto, il cattivo, il dannoso. Sfumano il tutto in una nebbia
concettuale, che si dirada soltanto, purtroppo, quando produce danni
irreparabili a danno di chi, non vedendo al di là del proprio naso, si
abbandona a questi atteggiamenti acritici di pigrizia mentale. Eppure, il comizio suadente parla alla gente, ne chiede la
partecipazione e il coinvolgimento rifuggendo dalla delega gratuita. Il
comizio suadente è una conversazione cordiale tenuta da persona che ama
parlare guardandoti negli occhi e registrando le tue reazioni. Il comizio
suadente non si impone, si propone con garbo, con sicurezza e con serenità.
Non precipita sulle folle come pioggia salvifica, ma si rivolge alle persone,
quasi singolarmente, rispettandole nella loro dignità e nel loro valore di
uomini. Poiché richiede ascolto critico e dignitoso, non ama parlare al
gregge. Vuol essere capito, desiderando di essere condiviso. Cosa si richiede, però, dall’altra parte? Maturità civile, acume politico, spessore culturale. Le
condivisioni preconcette o pregiudiziali non sono utili ai cambiamenti in
positivo della società. La politica per tifo non è utile. Le “partite”
elettorali non decidono un campionato. Esse devono determinare le sorti delle
comunità. E se proprio volessimo articolarci per analogie sportive, va
immediatamente detto che i commissari tecnici che non producono risultati
positivi, ma fanno registrare sempre e soltanto sconfitte, vanno esonerati
senza esitazione. E le sconfitte sono sotto gli occhi di tutti. Basta! La nostra città vuole ricominciare a vincere. Luigi
Parrillo |
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