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3 aprile 2014 Ci
facciamo del male? Con piacere! A taluni capita di leggere un giornale di tanto in tanto. Noi lo
leggiamo tutti i giorni. Atri lo leggono quando ci sono liti o pettegolezzi.
Le locandine sulle edicole servono proprio a questo. Stamane si vendeva “La Gazzetta del Sud”.
E l’abbiamo letta. Si può non essere d’accordo, si può non condividere, è
normale. La democrazia si fonda sulla diversità delle opinioni. Gli unanimismi
puzzano di falso ed appartengono ai regimi totalitari, comunque colorati. Se
poi ciascuno dei convenuti proviene da molto lontano e per giungere sin qui
ha percorso strade tortuose che hanno attraversato parecchi villaggi e
diverse civiltà, non è facile far
convergere e conciliare tutte le esperienze, che certamente avranno
lasciato traccia o alone. In questo caso, si diventa capricciosi, si battono i pedi per
terra, si urla nel cercare l’erba
voglio. Dove? Nel giardino del vicino più cattivo. E se non la si trova?
Si fa come certi bambini negli anni cinquanta: «Se non vinco, mi porto via il pallone!» Quei bambini, da adulti, pensando di essere cresciuti, si son
immaginati “grandi” lanciandosi in avventure più grandi di loro. Ma, in caso
di insuccesso, non potevano più portarsi via il pallone. Perché il pallone
non era più soltanto loro e se è accaduto che vi giocassero, lo avevano
soltanto in prestito per concessione altrui. Al massimo, potevano andarsene e
lasciare il pallone in mano ad altri, più abili nel gioco e con l’idea che
nel gioco, a volte, si può anche perdere. Conservando la faccia. Fare harakiri è dei
deboli o delle civiltà orientali, che ne fanno un punto di orgoglio. Per loro
equivale alla espiazione di una colpa commessa o al mezzo per sfuggire ad una
morte disonorevole per mano dei nemici. Amplifica, però,
l’effetto sulla percezione della gente, il suicidio con trascinamento di
massa, che ricorda tanto il biblico Sansone, il quale, provocando il crollo
del tempio, vi seppellisce se stesso oltre ai Filistei. Fin qui l’allegoria. Facile, è evidente. La difficoltà sopraggiunge quando si va alla ricerca delle
motivazioni profonde, della logica del fenomeno, della reale ed oggettiva
causa che lo determina. Se dovessimo dare ascolto e credito alle cattiverie
della piazza, dovremmo trarre conclusioni troppo negative per essere
veritiere. Anche se agli amici si perdona tutto, non si può passare sotto
silenzio il complesso del banditore, che d’istinto urla a tutti persino di
avere, nelle scarpe risuolate, i calzini rammendati. Perché il calzino bucato
può anche essere sintomo di distrazione, ma il calzino rammendato è
inesorabilmente indice di miseria. Non basta dire semplicemente: «Così non va!» Bisogna indicare un percorso, suggerire delle
scelte, assumere posizioni. Queste cose sono indice di coraggio e di
personalità. Se, viceversa, si dà adito alle illazioni più svariate senza
smentirle con chiarezza e con decisione, vuol dire che si pesca nel torbido,
che ci si mimetizza nella confusione, che si fugge dalle proprie
responsabilità. Confondere ulteriormente le idee non serve a nessuno e si
corre il rischio, alla fine, di brancolare da soli nella confusione. Capita a
molti di convincersi, dopo un po’ di tempo, delle sciocchezze che si ripetono
agli altri in continuazione. Di questi tempi, meno se ne raccontano, meglio è. Luigi Parrillo |
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