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dicembre 2014 Chi
festeggia l’Immacolata? L’8 dicembre, festa dell’Immacolata, è una festività religiosa
di precetto che, come tante altre,
ha il riconoscimento di festività civile. Nella nostra tradizione culturale,
richiama antiche usanze, abitudini gastronomiche in nome delle quali spesso
si ricompongono le famiglie, accende lampi di ripresa commerciale effimera
perché di breve durata, testimonia scambi augurali di maniera spesso
distratti e frettolosi. Questa è l’esteriorità che si esibisce rumorosamente
all’aperto. A molti sfugge, invece, l’interiorità cui questa ricorrenza
festiva dovrebbe far riferimento, essendo, per il suo carattere religioso, un
momento di riflessione sul significato che assume, anche per via della
denominazione che la distingue. “Immacolata”! Questa parola non è soltanto un nome proprio di
donna, come generalmente si intende presso la maggior parte della gente, che
si premura di formulare gli auguri di buon onomastico alle persone che lo
portano. Se è vero, pertanto, che tutte le parole hanno un senso, anche
questa parola dovrebbe averne uno, cui uniformarsi in questa particolare
giornata. Vediamo
cosa dice un dizionario fra i più accreditati: immacolato
(ant. immaculato) agg. [dal lat. immaculatus,
comp. di in-2 e maculatus, part. pass. di maculare «macchiare, profanare»]. – (Dizionario Treccani) Allora, data questa definizione, quanti possono pensare di
onorare degnamente questa festività? Alla dimensione religiosa penseranno altri.
È sul piano civile, sociale, politico che noi ci poniamo la domanda. La
rilettura di uno dei primi prodotti letterari di Oriana Fallaci ci fa
riflettere moltissimo, specialmente in tempi come questi caratterizzati da
esplosioni di piccoli e grandi scandali, che proiettano una luce diversa sul
mondo politico contemporaneo e non solo su questo. Dalle metropoli ai borghi di periferia, dilaga l’ipocrisia del
perbenismo come travestimento che inganna solo gli sciocchi e i poveri in
spirito. Che saranno pure perdonati dopo la vita terrena, ma che in terra non
ci fanno bella figura. Leggiamo Oriana Fallaci,
seppure in un contesto diverso: «…avvoltoi
smaniosi di sistemarsi
in prima fila per mettersi in mostra, recitare un ruolo nella commedia. I
servi del Potere, anzitutto, i rappresentanti del perbenismo culturale e
parlamentare, giunti facilmente al cratere perché la piovra si scosta sempre
quando essi scendono dalle limousine, prego eccellenza s'accomodi. E guardali
mentre se ne stanno compunti coi loro doppiopetti grigi, le loro camicie immacolate, le loro unghie curate, la
loro vomitevole rispettabilità. Poi i bugiardi che raccontano di opporsi al
Potere, i demagoghi, i mestieranti della politica lercia cioè i leader dei
partiti con la poltroncina, giunti a gomitate non perché la piovra si
rifiutasse di lasciarli passare ma perché li voleva abbracciare.»
(O. Fallaci, “Un uomo”, 1979) La doppia dimensione della festività dell’Immacolata, comporta
una doppia considerazione sul piano della responsabilità morale. Questa,
infatti, distingue il momento del peccato, che investe l’aspetto
religioso, e il momento del reato, che appartiene al risvolto
civile, sociale, giuridico. Entrambe le colpe, tuttavia, gravano sulla
coscienza dell’individuo che se ne macchiasse e che, fatto indispensabile -
ma non scontato -, ne avvertisse il peso. Lungi da noi l’intenzione di voler fare un discorso da
pulpito. Altri sono chiamati a svolgere questo ruolo istituzionale. In noi
non è ancora spento, però, quel barlume di luce morale per cui ci si guarda
intorno con la preoccupazione di chi vorrebbe proiettare gli eredi dei propri
affetti in un domani meno caratterizzato da fenomeni negativi. E confida nel
ruolo delle istituzioni educative (in senso generale) per una rimodulazione della
nostra comunità in senso eticamente più significativo ed equilibrato. Il “vivi e lascia
vivere” è un detto che non funziona, è uno slogan di stampo mafioso e ‘ndranghetista, perché spesso il lasciar vivere gli altri nega con forza il proprio vivere, che da quello viene
mortificato. Dovrebbero saperlo bene tutti quelli che hanno lasciato troppo
spazio al lascia vivere e oggi
marciano lungo il sentiero dell’indigenza, anche per colpa. “Vivi e lascia vivere”
non è il detto della speranza, è la condanna alla rassegnazione perenne.
Aderire a questa filosofia non è da immacolati, è da complici. Bisogna
svegliarsi da questo brutto sogno e approfittare del messaggio che le
festività di dicembre lanciano ormai da così tanto tempo, che la memoria
quasi stenta a ricordarne il senso, il luogo e la storia. Ci rendiamo conto che vivere da immacolati è cosa
estremamente difficile. Cercare, però, di accumulare meno scorie possibili
sul piano dell’etica è cosa che si può fare. Che qualcuno ci veda o meno, non
ha importanza. Guardiamoci dentro da soli senza averne vergogna. E non solo
in questi giorni! Luigi Parrillo |
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