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marzo 2014 Basta
solo essere donna? Basta solo essere
donna? Ci si interroga su queste cose, giusto per dare un senso alle giornate
intorno all’otto marzo, che, nell’immaginario collettivo, appaiono essere tra
le poche, se non le uniche, nel corso di un intero anno solare, in cui la
donna attiri l’attenzione generale, oltre che la propria in taluni casi. Il
maschilismo non è stato debellato del tutto e lo stesso femminismo non ha
ancora cessato di farsi del male. Il fatto, poi, che delle donne debbano ancora parlare
prevalentemente gli uomini, la dice lunga sulla pretestuosità di alcuni
movimenti che, lungi dall’essere diventati esiti di un assunto filosofico
convinto ed equilibrato, appartengono ancora alla sfera dell’antropologia e
della sociologia. Sarà, come in questi ultimi giorni sostiene qualche parlatore
imprudente, che noi siamo penalizzati dal dialetto, ma quando noi calabresi
(con la buona pace di chi scrive) diciamo fimmina, diamo a questa parola
una miriade di significati, tra i quali soltanto pochi assumono una
significazione positiva. Esaminiamone alcuni: -
Il venire alla luce: a nuttata e la figlia fimmina! -
Una cosa non progettata: fatta
alla fimminila! -
Un calcolo empirico: ‘nu
cuntu alla fimminila! -
Un’automobile ti dà fastidio sulla strada perché guidata male?
«Vu’ vidi ca
sta guidanno ‘na fimmina?» -
Di chi non ti puoi mai fidare? D’i fimmini e d’u mare. -
Un segreto? ‘Un u cunta’ mai a ‘na fimmina! E via di questo passo. Ma sono soltanto alcune delle cose che
sopravvivono dal secolo scorso e da quello ancora precedente, in cui le donne
risultavano depositarie di tante atroci negatività [p.es: A figlia fimmina,
a quinnici anni, o ‘a mariti o ‘a scanni.] che
la cultura fondamentalmente conservatrice della nostra comunità non è ancora
riuscita a cancellare del tutto. Assistiamo, indifferenti, ad esibizioni di modernità in
piazza, che si rovesciano completamente nel privato fino a diventare vera e
propria violenza di cui la cronaca si arricchisce, purtroppo,
quotidianamente. E in politica? Basta solo essere donna? È opportuno distinguere tra Roma e la provincia, fra il centro
e la periferia? L’interrogativo non è ozioso, né superficiale. Spesso, in
politica, ci si imbelletta con questo argomento come se fosse un fiore
all’occhiello. Bene. Assumiamo,
allora, come immagine reale quella allegorica del fiore all’occhiello.
Chiediamoci: «Che fiore è? Un’orchidea? Una rosa? Una margherita? Un fiore di
campo? Uno spinosissimo fiore di cardo?» Oppure: «È un fiore bianco? Un fiore
rosso? Un fiore variopinto o dal colore indefinibile?» O ancora: «Che profumo
ha?» considerato che alcuni fiori, per quanto gradevoli all’aspetto, hanno un
odore nauseabondo. «Come è stato coltivato?» considerato che quelli coltivati
in serra hanno profumi molto attenuati. «È un fiore naturale o è il risultato
di un innesto?» considerato che gran parte degli innesti producono ibridi. «È
un fiore che resiste o appassisce dopo pochi minuti e va gettato via?» Quanti interrogativi! Eppure, è indispensabile porsi delle domande e, a fronte di
esse, darsi delle risposte sensate quando si tratta di affidare ad una
persona un compito importante e vitale come quello dell‘amministrazione
pubblica. Atteso, quindi, che, da un punto di vista maschile, scegliere
una donna come amministratrice non sia un obbligo sessista, perché non
ricorrere, per analogia, a tutte le considerazioni che precedono la scelta di
una donna come compagna della propria vita? E, specularmente, da un punto di
vista femminile, a quale tipo di uomo vi affidereste per condividere le
esperienze e le responsabilità di una famiglia per tutta la vita? Maschi o femmine che siano, sono altre che il sesso le qualità
da possedere per svolgere il ruolo difficile e delicato come il governo di
una città. Allora, basta solo essere donne? Se dall’altra parta basta
solo essere uomini, la risposta non può che essere affermativa. Bisogna,
tuttavia, fare una distinzione: leggevo recentemente da qualche parte, che uomini e donne son cose diverse da maschi e femmine. I primi si
coniugano, i secondi molto semplicemente si accoppiano. Le qualità, quindi vanno ricercate, nella intrinsecità dei
soggetti; nei valori individuali; nella fisionomia interiore di ciascuno e
non nell’aspetto esteriore. Questo va esibito in piazza, offerto agli sguardi
distratti e superficiali dei qualunquisti. Le figure (o i figuri) che fanno scena lasciamole ai
rotocalchi e alla televisione, che in qualsiasi momento potremo chiudere o
spegnere da un attimo all’altro. Per il resto l’importante è riflettere,
guardare dentro, analizzare in profondità. E le “quote rosa”? Ognuno si dia una risposta. Luigi
Parrillo |
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