|
|
||
|
26
maggio 2014 Auguri,
sindaco! (Non senza commento) Prima di esprimere qualsiasi parola di commento per la
conclusione di questa tornata elettorale, mi corre l’obbligo, come cittadino,
di formulare gli auguri al nuovo sindaco, sia per la vittoria che per
l’impresa ardua che dovrà affrontare nel prossimo quinquennio. Io non sono un
suo elettore, ma neppure un suo nemico. Lo sa bene. Vivo la mia condizione di cittadino in assoluta serenità,
riconoscendo alle istituzioni l’importanza e l’autorevolezza che meritano, al
di là e al di sopra delle persone fisiche che le incarnano. I commenti si limitano alla campagna elettorale, durante la
quale, bisogna dire, c’è chi ha parlato alla testa e chi ha parlato alla
pancia. Ha prevalso la pancia. Intesa come addome, il suo elemento più elevato in altezza è
lo stomaco, la cui capacità di ingozzare cibo è piuttosto notevole. In esso,
a dire il vero, si è ritrovata la maggioranza degli elettori, cui si
riconosce il diritto di scelta, tentando di recuperarne il rispetto. Abbiamo sempre detto, e ne siamo convinti, che in democrazia i
numeri hanno sempre ragione a condizione che siano la risultante di
ragionamenti convintamente autonomi ed onesti. Per cui può essere onesto
anche farsi del male, ma non è detto che sia ragionevole. Sorpresa? In un certo senso, si. Per altri versi, avevamo già
sospettato (sono inutili, a questo punto, i riferimenti ai commenti già messi
in rete) movimenti anomali, atteggiamenti di ritorsione, viltà imperdonabili,
ripetuti capovolgimenti di fronte, sintomi inequivocabili di incultura
politica e sociale al servizio di egoismi di bassa lega e smodate
presunzioni. È quando non si avverte il senso di certe responsabilità che
ci si abbandona al nulla, ci si immerge nel vuoto, si galleggia in assenza di
gravità, ostentando sorrisi inespressivi per menti distratte. E si regala la
propria storia personale al primo straccivendolo di passaggio che ne farà
fiocchi per pavimento. E la dignità? Svanita come la boccata di fumo di una
sigaretta. Chi voleva cambiare le cose, tuttavia, non è svanito nel
nulla. Egli è lì, fermo nei suoi propositi, determinato a porsi come esempio
per i tempi che verranno, come freno per gli eventuali abusi, come punto di
riferimento per gli onesti, come faro per i giovani che hanno rispetto per il
proprio futuro e stima del proprio io, come voce che scaturisce dalla testa e
non dalla pancia, come strumento di controllo e di giustizia per gli elettori
che rappresenta. Vedremo fra non molto gli esiti di questa tornata elettorale.
Che non saranno solamente di distribuzione delle cariche. Verificheremo la
coesione, la competenza settoriale e non, le attese strategiche foriere di
sgambetti per cui qualcuno ha già il piedino teso in avanti. Vedremo quando
caleranno in volo, a beccarne gli occhi, gli avvoltoi in attesa che la
magistratura apra la botola sotto i piedi di qualcuno. Attendiamo la ripresa del commercio, le assunzioni facilmente
promesse che dovranno migliorare il reddito pro capite dei cittadini di San
Marco, il potenziamento reale delle strutture sanitarie, la normalizzazione
degli edifici scolastici, l’ampliamento della rete dei trasporti, la
realizzazione di strutture per lo sport ed il tempo libero. Infine, la
proliferazione di manifestazioni culturali in senso stretto, perché si
impedisca che, in futuro, persone candidate a gestire la cosa pubblica
arringhino la propria gente vantandosi di non capire la lingua italiana e di
comunicare soltanto in bassissime forme dialettali. Noi sappiamo bene che il
dialetto è una grande risorsa culturale, nobile ed elevata nel suo enorme
patrimonio di storia popolare e non solo. Va, però, non banalizzato e
racchiuso in un poverissimo numero di concetti e di parole che non vanno al
di là di piatto, forchetta, cesso e
sesso. E le civette? Quelle continueranno a pigolare sul tetto di
qualche “reggia” agreste, con gli occhi pieni e le mani vuote. Anche questo
avevamo previsto con largo margine di anticipo. E ne avevamo scritto. Avevamo
individuato con precisione gli strumenti
ciechi d’occhiuta rapina. Ma tant’è. Ci si ravvede sempre col senno di
poi. Ora che i giochi son fatti, però, non ci resta che attendere.
Di solito, il tempo è galantuomo. Vedremo. Luigi Parrillo |
|
|