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11 giugno 2013 Alle amministrative, la destra ha miseramente fallito! C’è voglia di sinistra, fa capire l’elettorato. Ma non
di una sinistra qualunque. C’è voglia di una sinistra nuova, rivalutata,
rinnovata nell’intimo, nella mentalità; una sinistra movimentista,
sbilanciata più sulla gente e meno sulla casta. Va detto, però, che ciò non è
sempre connesso alla data di nascita sui documenti di riconoscimento. Il
nuovo è nella testa, nella cultura, nella partecipazione e nel coraggio. Ma
questo è un altro discorso. È la destra che ha lasciato sul campo le proprie
spoglie. Una destra parolaia, propagandista, piazzaiola, che contrabbandava i
suoi articoli dozzinali per oggetti di elevata qualità. È bastato metterli
alla prova e si sono rivelati nella loro essenza reale. E l’astensionismo? L’astensionismo è la condanna del
tribunale dei cittadini contro coloro i quali fanno, o hanno fatto, politica
solo per se stessi. E da noi gli esempi non mancano: il politico cresce e la
città regredisce. Il cittadino ha bisogno di gente che lavora per la
comunità, di gente utile al miglioramento della vita, di gente disponibile a
dare persino se stessa a favore della causa comune. Non è retorica. Se ci guardassimo bene intorno,
riconosceremmo le persone capaci di dedicarsi agli altri; persone che anche
sul piano professionale sono istintivamente inclinate verso chi ha bisogno;
persone che offrono la propria disponibilità per alleviare disagi,
difficoltà, sofferenze e ogni sorta di contrarietà che ci affligge. La città non ha bisogno di atteggiamenti “contro”, che
esprimono protesta e che poi inducono a guardare dalla finestra. Queste
elezioni amministrative hanno relegato nell’ambito di un significativo tre
per cento chi grida, protesta e poi non fa. È un monito esemplare: ci voleva! Ma un monito per chi? Per tutti! La politica, come
abbiamo sempre detto, è una prerogativa degli entusiasti, degli appassionati,
delle persone che si muovono, che agiscono. Di persone che stanno ad
aspettare, muovendosi lentamente solo dopo che sia accaduto l’irreparabile,
la politica non sa che farsene, e nemmeno noi. Queste elezioni sono un chiaro messaggio a tutto il mondo
politico, e non solo a quello ad alto livello: in fondo, tutto il mondo è
paese. E da noi, la gente vuole una politica attiva fatta alla
luce del sole: niente trame nell’ombra o manovre sotto banco di cui si sta
chiacchierando recentemente nella nostra città. Vogliamo facce nuove e pulite, schiene dritte, sguardi
limpidi, onesti e decisi. Persone che sanno e che sanno fare dovranno
accingersi a scrivere le nuove pagine della politica nella storia di San
Marco. Di persone che, a stento, sanno solo scribacchiare sotto dettatura
abbiamo le scatole piene, con l’aggravante che chi dettava non era neppure
un’aquila. Tra non molto saremo chiamati anche noi a valutare le
persone che dovranno assumere la guida della città; e si impone da parte
nostra una attenta valutazione dei soggetti che si dichiareranno disponibili.
La parole, le promesse, le manovre, si sprecheranno nei giorni immediatamente
precedenti alle espressioni di voto. Non è su questi dati che andranno
giudicate le persone. Di ognuno va analizzata la storia personale, le
capacità individuali, il valore etico e professionale, il rapporto corretto
con il mondo circostante, l’utilità oggettiva nella società. La finta
modestia e le pacche sulle spalle non ci hanno portato fortuna in passato.
Avevamo un ospedale e non lo abbiamo più. Avevamo una zona industriale, fatta
diventare forzatamente zona commerciale, che sta perdendo i pezzi giorno dopo
giorno: gli esercizi chiudono e le aziende licenziano. Per di più, la Regione legifera male e lo fa solo a
favore di Reggio Calabria. Cosenza è la provincia derelitta e dimenticata,
non solo per voce nostra, ma lo dicono quotidianamente tutti i giornali
calabresi che possono esprimere libere opinioni. Signori, il panorama è questo. Fra qualche mese potremo
modificarlo. Pensiamoci. E nella
nostra città, abbiamo lui, ALBERTONE Politicamente
FALLITO! Agli ordini del suo alleato-padrone e alla merce’ dei
suoi famelici vassalli, il sindaco, ormai, è sprofondato nel baratro del
fallimento totale. Brancola nel vuoto della sua pochezza politica e
nell’approssimazione di quella che egli ritiene possa essere una
progettazione amministrativa. In realtà, i suoi attuali alleati che non sono altro se
non l’espressione di una consorteria politica maneggiona e affarista, stando
in retroguardia, fanno di lui quello che vogliono, come vogliono e quando
vogliono. Povero sindaco! È quasi un masochista esasperato, il
quale pur di tenere occupata una poltrona che ormai non vale più nemmeno il
costo dell’imbottitura, si sottopone al giogo del principe reggente e della sua corte
dei miracoli. Solitamente, si usa dire che c’è un limite a tutto. Ci
si rende conto, tuttavia, che molte cose non hanno limiti. Nella discesa
verso il basso, per esempio, non c’è fondo. Ma come fai a dirgli che non è sempre vero che chi più
scende verso il basso più trova?. Dalle sue parti, infatti, il petrolio non
c’è, anche se alcuni conducono una vita da petrolieri. Chi glielo farà mai
capire che quel denaro, che probabilmente invidia, non puzza di petrolio? Sembra uno scherzo del destino quello di averlo fatto
ricadere nelle grinfie di un personaggio pericoloso per lui e per i suoi
affari. Le carezze di oggi si tramuteranno in altrettanti calci nel culo il
giorno in cui non sarà più utile alla causa del principe-padrone. Come fa a
non capirlo? La cosa più brutta, in ogni caso, è l’indifferenza di
quelli che lo sostengono con una buona dose di incoscienza e di
spregiudicatezza. Anche questi, però, dovranno rendere conto, domani, alla
memoria storica della città. Alcuni cittadini si consolano dicendo: “Va be’, tanto sta per finire!” Non va bene per niente! Chissà quanti guai faranno
questi prima di andarsene, convinti come sono che andranno a casa
definitivamente. Ci lasceranno una città disastrata, pianificandola per una
capienza di 25.000 abitanti. Ma quando mai?!? Il padrone, però, ha detto così e il suo vangelo non si discute. Quindi, catena
corta e niente scherzi. A cuccia! Così finirà il suo mandato: con la coda fra le gambe, le
orecchie basse e la ciotola meno piena. E il pelo? Anche quello sarà sempre
più rado e meno lucido. Oggi bisogna dire che c’è un tempo per tutto. C’è,
quindi, un tempo per ridere e un tempo per piangere. Qualcuno farebbe bene a
riflettere su questo concetto. |
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