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15 giugno
2013 Pensare
positivo Il ritratto degli attuali reggitori della cosa pubblica nella
nostra città è stato ormai più volte delineato dai punti di vista più
diversi. Abbiamo visto (toccato con mano – si direbbe) che tutti, chi più chi
meno, sono circondati da un alone di negatività che li rendono invisi
all’opinione pubblica, la quale li bersaglia, nel proprio intimo, di
ragionevoli invettive sottaciute per tutta una serie di ragioni. Continuare a parlarne male, quindi, è un po’ come sparare
sulla Croce Rossa o, alla maniera di Maramaldo, “uccidere un uomo
morto”. Tuttavia la tentazione è
grande perché risulta essere una reazione istintiva a fronte di comportamenti
assurdi e senza senso, che rimescolano il sangue a chiunque usi il proprio
cervello con un minimo di raziocinio. Ognuno si rende conto che ci troviamo
di fronte ad un gigantesco suicidio politico di massa di cui bisogna prendere
coscienza e, contestualmente, accingersi ad immaginare un futuro più
credibile per la città. Maggiore è il grado di coinvolgimento nella politica, maggiori
sono le responsabilità del disastro che ha declassato la nostra città dal
punto di vista storico, civico ed economico. Non basta il fumo negli occhi
delle manifestazioncine di quartiere o di circoli
chiusi a fare da paravento. E se del peperoncino ci dovremo servire, sarebbe
il caso di adoperarlo come stimolante sotto la coda di qualcuno o come
adeguato strumento di punizione per tutte le malefatte che altri hanno
perpetrato ai danni della nostra San Marco. Ciò premesso, ci viene da dire che ora sappiamo, quasi con
esattezza, a chi non dovranno somigliare i prossimi amministratori del nostro
comune. Né dovremo lasciarci condizionare dalle etichette che molti si
appiccicano addosso all’ultimo momento per ingannare l’opinione pubblica. Le
etichette, ormai, sono come i post-it:
si attaccano, si staccano o si cambiano di posto a seconda delle circostanze
o della utilità. Ci viene in mente, a questo proposito, uno scritto del luglio
1995, nel quale, attraverso le pagine de “La Spiga” invitavamo i cittadini a
scegliere tra categorie di persone che non vadano in giro esibendo etichette
colorate, ma che siano titolari di caratteristiche umane di un certo tipo e
di un certo valore. Vi riproponiamo l’articolo nella sua versione integrale: « ONESTI O IMBROGLIONI? S.Marco
Arg. – luglio 1995 . Fra tutte le voci elevatesi a teorizzare, di
recente, sulla confusione politica, che sembra caratterizzare questo scorcio
di fine secolo (e di fine millennio), determinando i marasmi
politico-amministrativi da cui non sono esenti neppure piccole comunità periferiche,
inclusa la nostra, ve n'è qualcuna pervenuta alla conclusione che "destra
" e "sinistra", di fatto, non esistano piú e che il
famoso bipolarismo sia ormai un'alternativa obsoleta da archiviare
negli scaffali della memoria. Probabilmente si intende tramontato il
concetto di bipolarità finora orizzontalmente immaginata nel "di qua"
e nel "di là" (pensereste mai voi di trovare socialisti "che non
intendono schierarsi con la sinistra"?). E se provassimo, invece, a
verticalizzare i poli dello schieramento? Se tentassimo di collocare "in
alto" e "in basso", relativamente, i concetti
antitetici di "progresso" e di "conservazione",
di "probità" e di "disonestà", di "rettitudine"
e di "imbroglio", di "correttezza" e di
"raggiro"? Se in questo grande, ribollente calderone,
nel quale tutti si rimescolano e si riciclano nell'estremo tentativo di
mantenere antichi privilegi e vecchi sistemi, piuttosto che inventare nuove
modalità dell'agire politico e amministrativo, noi riuscissimo a "schiumare"
solo gli onesti, buttando a mare tutto il resto, non avremmo compiuto una
scelta tra un polo ed un altro? Non avremmo, in pratica, operato un'opzione
tra due schieramenti alternativi ? La politica "etichettata" ci ha,
finora, trascinato in un grande equivoco: abbiamo "acquistato"
prodotti "marcati" senza la preventiva verifica della qualità. Oggi
si impone un metodo di scelta coraggiosamente agli antipodi: gli uomini di
governo vanno preventivamente vagliati, analizzati, studiati attraverso il tirocinio
di vita espresso fino a quel momento; vanno sondati nei "valori",
nei comportamenti, nelle qualità individuali e sociali, nelle abitudini
quotidiane; vanno considerati con minuziosità, quasi con pignoleria, affinché
si possano formulare i pronostici più attendibili sul loro futuro di uomini
pubblici, "impegnati" per la comunità e non solo per se
stessi. Essere,
Sapere, Saper fare:
questo è il trinomio che deve
risultare patrimonio indispensabile per l'uomo di governo, grande o piccolo
che sia. Chi non si ritrova questi valori
essenziali, o uno solo di essi, non ha titolo a pretendere cariche
pubbliche; dovrebbe autonomamente rinunciare al diritto (peraltro innegabile
sul piano giuridico) di proporsi all'elettorato come gestore delle sorti di
una comunità, come quella nostra, irta di fenomeni complessi e disseminata di
trappole di ogni genere. Queste caratteristiche non appartengono ad
etichette, a simboli, a formule astratte, alle quali si è tentato di
ricorrere, recentemente, per la riaffermazione e il riutilizzo di vecchi
strumenti politici. Né possiamo distinguere i soggetti, aggregati
in un corpo politico, tra "moderatamente" onesti e "moderatamente"
disonesti, come non è possibile etichettarli in "moderatamente di
sinistra" o "moderatamente di destra"; essi sono: o
proiettati coraggiosamente verso il nuovo, verso il futuro, verso lo sviluppo
e il progresso, o furbescamente ancorati al vecchio (per "segnare il
passo" - come direbbe una nostra vecchia conoscenza) che presuppone
ancora, tra l'altro, il ricorso alla tangente, al sotterfugio, alla
prevaricazione del diritto dei piú deboli, alla prepotenza, all'arroganza,
all'occultamento degli atti, e chi piú ne ha piú ne metta. Ora - per ricondurci alla premessa - in
questo senso, forse, imponenti settori della destra e della sinistra si sono
sfumati interagendo, per certi versi, in uno spazio comune equivocamente
definito "centro" (Centro-affari? Centro di smistamento?
Centro di che? )1. Si tratta, in realtà, di una grande area
politica surriscaldata per l'eccessivo "movimento" delle sue
particelle interne; un magma ribollente di fenomeni stranamente
indistinguibili, atti a creare nuova confusione nella gente. E se noi, alla fine, anziché scegliere tra
bianchi e neri, o grigi, o turchini, provassimo, molto semplicemente, a
scegliere tra "buoni" e "cattivi", ovvero
tra "capaci" e "incapaci" o - perché no? -
tra "onesti" e "imbroglioni"? » ____________________ 1 – Oggi avremmo pensato ad un centro
commerciale Sono trascorsi quasi vent’anni da
allora ad oggi e ci rendiamo conto che gli errori di valutazione di
quell’epoca ci hanno condotti a soffrire, oggi, una situazione politica che
ha visto crescere i capipopolo e deperire la città. Sono stati collocati sul
piedistallo personaggi di secondo piano che dovevano spianare la strada al
caporione. Chi obiettasse che tutto ciò non è
vero, mente sapendo di mentire. Oltretutto, non condivide il dissenso, come
se tutti ci dovessimo allineare al pensiero di un capo indiscusso, anche
quando ci conduce verso il baratro. E oggi siamo sull’orlo del baratro. Sempre più persone, in giro per la
città, sulle strade, nelle piazze, rimpiangono la politica della quale si è
decretata la scomparsa sul finire degli anni ottanta. Si ricordano i consigli
comunali di quell’epoca improntati sul senso della politica, sul dialogo
forte – ma corretto ed intelligente - , sulla presenza di figure quasi tutte
indiscutibili sul piano della qualità individuale e dell’appartenenza
politica. Ora, quando si registrano questi
atteggiamenti nell’opinione pubblica, è come se circolasse nell’animo della
gente il desiderio di ripristinare, nel governo della città, la politica
“alta”, affidata a persone altre da queste, che amino la città e la gente con
cui condividono la cittadinanza, che agiscano per il bene di tutti oltre che
per il proprio, che riescano a vedere San Marco Argentano come un solo nucleo
sociale e non un teatro di faide contradaiole, come desidera qualche
capopopolo, che le ha istigate prima e alimentate poi, per le proprie fortune
elettorali e non solo. Ci rendiamo conto che il dissenso è
difficile da sostenere perché sono difficili i tempi. Ma i tempi
miglioreranno solo se si avrà il coraggio di cambiare in meglio le classi
dirigenti. Con i quaquaraqua non si
farà mai strada, né con i furbi che se ne servono. Abbiamo bisogno di protagonisti veri,
che mettano in gioco la propria faccia mantenendola pulita, costi quello che
costi. Quindi, pensare positivo e premiare
solo gli onesti intellettualmente. È questo lo sforzo che va fatto da parte
di tutti per restituire a San Marco il suo prestigio storico e il suo ruolo
nel territorio. Ne va della nostra faccia. Luigi Parrillo |
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