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La
“confessione” di Serra “La confessione di Serra” titola stamattina Calabria Ora e addolcisce lo zuccherino con tutta una
serie di virgolettati che la dicono lunga su taluni personaggi. Di solito,
si confessano i colpevoli, i peccatori, che devono pulirsi la coscienza. Chi
è nel giusto non ne ha bisogno. Pessimo
imitatore del “corto” Berlusconi, il “lungo” Serra si richiama al senso
di responsabilità, evoca stentoreamente otto punti, esibendosi
nella parodia di politici di rango e immaginando, forse, di svolgere un utile
tirocinio dialettico (pensate un po’) che gli apra le porte del Parlamento
nazionale nel quale, senza un pizzico di umiltà, si proietta tronfio e
speranzoso. E si, che
anche lì dentro la qualità….. Ma
analizziamo i fatti uno per uno, o meglio, riassumiamoli in uno solo: il P.S.C., ovvero il Piano Strutturale
del Comune, che sarebbe come dire, in un termine ormai in disuso (ma anche
evitato per ovvie ragioni), il Piano Regolatore del territorio comunale. Ora, messo
così il discorso, non si capisce bene chi, tra i due noti personaggi (Serra e
Termine) fa da stampella l’uno all’altro. Forse ce lo potrebbe spiegare
Mileti che sembra aver capito proprio tutto sulle questioni qualificanti,
risolte le quali, la nostra comunità – a sentir lui – non avrà più problemi
da affrontare. E poi c’è
il nuovo che avanza, Leo Vadalà, il surrogato di Nando Lanzillotta, che apre
alla speranza l’animo di Pinotto Mollo, il quale vede nel giovane architetto
quel rinnovamento da lui osteggiato aspramente in campagna
elettorale. E a nulla
vale quanto sostenuto dalla capogruppo Mariotti che, nell’offrire il
supporto, non al sindaco rivale, ma ai cittadini, pensa di aver
rispettato la volontà popolare, quella dello stesso popolo al quale
chiedeva, nel giugno di tre anni fa, di essere votata contro Termine e la sua
lista non ritenendoli i giusti governanti per la nostra città. Ha ragione,
poverina: basta parlare di inciucio, parliamo molto più semplicemente
di ammucchiata; rende meglio
l’idea. Ha ragione
Anna Maria Di Cianni quando accusa il consiglio di star celebrando l’apoteosi
dell’ipocrisia e della falsità. Immaginate la scena farsesca
se l’intero consiglio, senza distinzioni di ruoli e di appartenenze, si fosse
seduto al desco della nuova maggioranza con il tovagliolo al collo, la
forchetta in una mano e il coltello nell’altra. Per fortuna, qualcuno è
rimasto fuori dalla sala da pranzo. Irresponsabile? Pensate alla responsabilità di chi ascolta in silenzio e
ringrazia. 9 maggio 2013 Luigi Parrillo |
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