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1° ottobre 2013 Giocare con la scuola è
scorretto. Ma è crudele anche
tacere. Tra tutte le scorrettezze possibili, da ricercare nella crudeltà
e nelle incongruenze della storia dell’uomo, la insensibilità verso
l’infanzia è il peggior esempio di adultismo
violento che si possa mai immaginare. Far pagare ai bambini il prezzo delle
incomprensibili manovre gestionali della classe dirigente della nostra città
è una tra le colpe più imperdonabili che si possano riconoscere ad una
categoria di soggetti i cui fallimenti, storici e riconosciuti, si
riconducono esemplarmente nella vicenda della allocazione forzata delle
scuole elementari e materne. Se non ci fosse, oggettivamente, alcuna alternativa a questa
incomprensibile pantomima, sarebbe addirittura possibile trovare una pietosa
giustificazione alla vicenda. Ma in un paese in cui si è ormai istituzionalizzato
il rinvio di qualsiasi opera o di qualsivoglia decisione – anche importante –
quale danno avrebbe arrecato alla scuola lo slittamento dell’esecuzione di
lavori per i quali pare che non sia stato ancora nemmeno affidato l’appalto?
Rinviare, per esempio, a giugno del 2014 i lavori di adeguamento
dell’edificio scolastico di Via Vittorio Emanuele avrebbe consentito il
normale svolgimento dell’anno scolastico corrente nelle aule di sempre, senza
l’aggravante del fatto che le lezioni – con queste manovre di dubbia
intelligenza – dovranno finire necessariamente ai primi di luglio del
prossimo anno. A meno che (e non so se sia possibile) non si taglino completamente
le vacanze di Natale o di Pasqua. Si, perché bisogna garantire agli alunni
non meno di 205 giorni di lezione. E non si tiri in mezzo il pretesto della
durata dei lavori. Se in Giappone, dopo l’ultimo disastroso tzunami, hanno
rifatto centinaia di chilometri di autostrada in sei giorni, da noi si potrà
ben adeguare l’edificio scolastico nei tre mesi di vacanze. Vi mostriamo, qui a lato, una foto recentissima dell’edificio
delle scuole elementari, che è lì dal 1929, mai abbandonato, né mai
disertato. L’impalcatura che vedete è servita per la risistemazione del
tetto, i cui lavori sono stati ultimati, e non c’entra assolutamente niente
con altri lavori da fare. Ma ciò che risulta maggiormente incomprensibile, in
tutta questa storia è il silenzio dell’utenza, nonché degli organi di
democrazia scolastica. Nei consigli di istituto, la componente genitori detiene
la presidenza, una carica che, nella fattispecie, dimostra una
assoluta mancanza di autorevolezza se non riesce ad esprimere neppure il
minimo segno di protesta per questa inaudita vicenda. Sembra di vivere una
storia surreale per come sta scivolando sulla schiena prona della gente
interessata. È il silenzio della gente la cosa che mette maggiormente i brividi
addosso. Un silenzio sciocco e crudele, come sa essere crudele la
sottomissione. È come se la cosa coinvolgesse nel disagio persone altre,
altra comunità, altro paese. Come se l’episodio, abnorme nella sua unicità,
avvenisse in un’altra dimensione. E tutto questo rievoca immagini da
allegorie bucoliche d’altri tempi: il pascolo, la quiete. Nel tempo che passa
sempre identico, quieto, sonnolento. A nessuno passa per la mente l’idea
della fine miserabile alla quale i pascolanti sono destinati per legge di
natura. È stato doloroso assistere alla frettolosa
evacuazione dell’edificio scolastico. Si è proceduto al trasferimento delle
suppellettili nella sede temporanea, lasciando l’edificio storico di Via
Vittorio Emanuele in un completo abbandono e avvolto nella più completa
indifferenza. Non c’è un operaio che vi lavori, né si riesce a sapere se, come,
quando e da parte di chi avranno luogo gli “adeguamenti” di cui si parla. Se si fosse trattato di allestire un nuovo ristorante o una sede
periferica di Mc Donald, avremmo avuto folle oceaniche ad interessarsi della
cosa. Ognuno si sarebbe preoccupato di sapere con esattezza la data
dell’inaugurazione per non perdere un solo istante della partecipazione
masticatoria. Ma sulla sistemazione definitiva dell’edificio delle scuole
elementari del centro urbano, nessuno ha ficcato il naso né lo ha storto un tantino.
Si registrano soltanto conversazioni tra due o tre mammine infastidite dalle
difficoltà sopraggiunte per la allocazione nella sede provvisoria, e tuttavia
attente a non elevare il tono della voce per non irritare eventuali
ascoltatori indiscreti (leggi “portavoce”), giusto per riempire di interesse
una delle solite mattinate dalla routine
invariabilmente identica. E poi il
silenzio sottomesso, paziente, previsto. Così, tra le cose indimenticabili, si avvia, con colpevole
fatica, un anno scolastico che i bambini della scuola primaria non
dimenticheranno di sicuro, mentre il vescovo Mons.
Bonanno, dalla pagine della
Gazzetta del Sud, si preoccupava di chiedere implicitamente alle
famiglie di vigilare affinché la scuola non demolisca l’impianto delle
certezze etiche e sociali nelle quali credono, anche quando questa dovesse
abdicare al proprio ruolo e alle proprie funzioni, creando “un vuoto incolmabile nel campo della
formazione dell’uomo del domani, che nessuno potrà colmare”. Luigi Parrillo |
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