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18 maggio 2013 Ricordo
di Antonio Di Cianni Sono trascorsi
venticinque anni dalla scomparsa di Antonio Di Cianni. Cinque lustri durante
i quali non si è affievolita la memoria di questo personaggio, il ricordo
della cui figura mi investe in una triplice dimensione: quella umana (eravamo
amici), quella professionale (eravamo colleghi di lavoro), quella politica,
che ci ha visti avversari per lungo tempo e alleati per un tempo meno lungo,
ma più vicino alla memoria perché riguarda il quadriennio 1981-1985 (quasi
l’altro ieri, per la ricchezza d’anni di cui siamo detentori). È quest’ultimo aspetto
che mi preme sottolineare; per altri aspetti, chi è senza peccato scagli la
prima pietra. Mi piace ricordare l’atmosfera di collaborazione, di stima
reciproca, di identità culturale – oserei dire – che favoriva la fattività
operativa in tema di amministrazione della cosa pubblica, che travalicava i
confini dell’egoismo, facile in certi ambienti, per rivolgersi in direzione
degli interessi della comunità. Il bene comune aveva
ancora un senso e i cittadini un valore. Ci si consultava per un
nonnulla. I telefoni cellulari non erano ancora diffusi e la maggior parte
dei contatti avvenivano incontrandoci di persona. Il rapporto umano era
prevalente e, per quanto mi riguarda, era veicolato dalle conoscenze
culturali, per lo più comuni, che facilitavano ogni discorso. “Totonno” (così
si era soliti appellarlo) aveva studiato in seminario e serbava
opportunamente nel suo bagaglio culturale una conoscenza del latino, che
usavamo spesso per stigmatizzare episodi, situazioni e personaggi attraverso
quell’ironia tipica di ogni persona estroversa (ed egli lo era), utile per
alleggerire la conversazione, ma anche per renderla più amena ed efficace sul
piano dialettico oltre che su quello della progettazione amministrativa. E poi, bisognava
arrivare in Consiglio Comunale univoci e compatti, con proposte condivise da
esporre in un linguaggio corretto e coerente, di cui oggi, purtroppo, si è
perduta memoria. Per via della
coalizione politica, governavamo insieme la città, molte delle cui zone
periferiche soffrivano il disagio della carenza di opere di urbanizzazione
primaria: mi riferisco all’energia elettrica, all’acqua potabile in ogni
casa, alla rete fognante. Sarebbe stato gioco facile per ognuno ricondurre su
se stesso i meriti di quel grande sforzo operativo e, soprattutto, economico.
Non avvenne: è documentato. Poi, non fu più così.
Non voglio esagerare dicendo che Antonio Di Cianni favoriva l’amalgama fra
soggetti spesso non omogenei, ma i fatti dicono che non ci furono grandi
sbalzi di temperatura per vampate di ira o di incompatibilità; non ci furono
strappi irricomponibili; non furono inferti colpi bassi da alcuno contro
altri. Si convisse e si realizzò. A me, amministratore
alle prime armi, diede fiducia e stima. Mi coinvolse spesso sul piano del
confronto e non disdegnava, sebbene dall’alto della sua pluriennale esperienza
amministrativa, di valutare con interesse i miei pareri che non di rado
accettava. Lo indicherei come
esempio? Non so! Ma la sua figura giganteggia alla luce del presente. Luigi Parrillo |
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