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La città politica (e non solo) alla luce del pensiero divergente |
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1 febbraio 2017 Nemo dat quod non habet Ero studente, non
ancora maggiorenne. Occupavo un banco, necessariamente defilato sulla destra
della cattedra per ragioni di spazio, in un’aula che ospitava la classe
terminale della mia scuola superiore, circondato dalla naturale esuberanza di
una trentina di studenti che, come me, confidavano [ahimè!] nei successi
scolastici sperando che fossero forieri di altrettanti successi nella vita. Era l’epoca in cui nessuno rilevava l’opportunità di mettere in
discussione il valore di un corpo docente che, simpatie o antipatie a parte,
si dava in pasto con la propria autorevolezza (e, spesso, con il proprio
autoritarismo) all’ansia di crescere, talvolta disordinata, di giovani ancora
ignari del dedalo intricato delle strade della vita. Il mio vecchio professore di latino era anche docente di storia. Ciò si
rivelò essere un connubio interessante: le due discipline si intersecavano
mirabilmente come se non ci fosse commistione più naturale: l’una parlava il
linguaggio dell’altra e viceversa. E la perspicacia creativa del docente
spesso giustificava sarcasticamente gli errori commessi dagli uomini nel
corso della storia con una brevissima locuzione in latino che suonava
testualmente così: «Nemo dat quod non habet». Son trascorsi molti decenni da quel tempo meraviglioso, ma la frase mi
risuona continuamente nella mente e va ad incastrarsi, con precisione
millimetrica, in ogni spazio lasciato dal dubbio nei fatti di oggigiorno,
specialmente quando non trovano giustificazione nella logica formale delle
cose o nelle attese disilluse prodotte a suo tempo dalle parole di promesse
ormai svanite nella memoria della gente. Senza riferirsi a fatti specifici o a specifici personaggi, non si ha
forse l’impressione generalizzata di una decadenza socio-economico-culturale,
che produce una sorta di generale depressione di cui si ha timore (forse
anche per la paura che molti hanno di toccare con mano responsabilità
proprie) di stabilire con precisione l’origine e la causa? Ed ecco che l’eco dell’assunto latino si materializza: «Nemo dat quod non habet». E si
spalanca il vuoto! Nella vacuità del momento, si erigono piedistalli per
oscurantismi di qualsiasi genere
contrabbandati per materia nobile e somministrati da pusher più o meno inconsapevoli a persone certamente poco
attrezzate per analizzarne la sostanza povera. E il “nulla” avanza
inesorabilmente, come ne “La storia
infinita” di Michael Ende. Ancora una volta, il latino e la storia si intrecciano e si compendiano
mirabilmente: il primo si configura come la saggezza dei padri ormai
condannata a prendere polvere in soffitta, la seconda come elemento
trascurato dalla memoria e ignota a molti. Qualcuno, che per casualità pura si trovasse a leggere questo breve
“panegirico” trovandolo opportuno come un cavolo a merenda, si potrebbe
chiedere: «Ad quid?» giusto per
riprendere ancora una volta il vecchio buon latino. A che cosa è finalizzato?
– traduco. A nulla. E volontariamente non lo colloco in un contesto territoriale tanto è
generalmente riconducibile ad ogni latitudine. Partiamo dagli Stati Uniti
d’America che rappresentano emblematicamente l’ultimo episodio di
macroscopica ignoranza della storia. A tal proposito, vi offro, un link di una profondità straordinaria: http://vastano.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/01/29/trump-e-la-memoria-della-storia-tedesca/ La sua lettura approfondita ci darà la dimensione di un
fenomeno molto presente anche dalle nostre parti, non solo a livello
nazionale, ma anche a livello locale, dove una bella ripassata alla storia
recente e remota di uomini e cose aprirebbe nuovi spiragli, nuove prospettive
al futuro della nostra città e renderebbe molto più nitidi i tratti somatici
di molti concittadini che ostentano fierezza per essere sospesi a mezz’aria
tra cielo e terra. Mentre qualcuno accarezza timidamente l’ipotesi della
caduta dei miti e la comunica sottovoce agli amici più vicini, i “trump” in sedicesimo si sprecano un po’ dovunque e
galleggiano sulla complicità incosciente di sostenitori che, se non hanno
responsabilità sulla conoscenza del latino, sono colpevolmente ignoranti
della storia come «lux veritatis, vita memoriae, magistra
vitae» per cui navigano a vista,
senza una rotta prestabilita, finendo, per forza di cose, con lo sbattere il
muso sul primo ostacolo che talvolta la giustizia degli uomini veri (e
“incazzati”) para loro davanti. A questo punto, ciascuno trovi da sé i riferimenti da cui scaturiscono
queste opinabilissime riflessioni, le quali, appunto perché opinabili, non
pretendono di essere verità assolute. Ma, se sono maturate, è segno che
qualche seme è stato piantato. Nulla nasce dal nulla. Luigi Parrillo |
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