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13 settembre 2016

Si torna a scuola

Abbiamo visto i banchi di scuola far ritorno nell’edificio di Via Vittorio Emanuele in San Marco Argentano. Ma tutto ciò accadeva anche il 15 settembre del 2014 per essere oggetto di una evacuazione lampo pochissimi mesi dopo, esattamente alla fine di febbraio del 2015. Stavolta vogliamo sperare che sia quella buona.

C’erano nell’aria avvisaglie di nuovi temporeggiamenti. Circolava insistente (anche se non controllata) la voce che qualcuno, con molta probabilità, si era precostituita la possibilità di mettere in atto una nuova piccola carognata per far sì che il portone dell’edificio rimanesse chiuso ancora una volta il 14 settembre di quest’anno, inferendo un ulteriore colpo basso alle attese degli alunni e delle loro famiglie.

Fortunatamente, il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. E proprio il diavolo, stavolta, ci ha messo la coda: con un attivismo da manuale, l’amministrazione comunale (o chi per essa), verso cui non siamo mai stati molto teneri né generosi e benevolenti, ha mobilitato quanto c’era da mobilitare e in tempi record ha rimosso tutti quegli elementi che potevano risultare da ostacolo per la riapertura ed il funzionamento dell’edificio scolastico. Onore al merito!

Persino due nuove bandiere sventolano sul frontone in sostituzione di quelle lise e sbrindellate, che davano l’immagine dell’abbandono e dell’incuria.

Si determinava, così, la fine di un lavoro di adeguamento durato, in tempi netti, due mesi e mezzo circa, ma per il quale la scuola è rimasta chiusa per ben tre anni o giù di lì, nell’indifferenza e nel silenzio generale.

Ora, però, espressi tutti gli apprezzamenti che c’erano da esprimere, ci si pone un interrogativo diverso. Acclarato che siano stati fatti tutti gli adeguamenti per rendere questa scuola sicura sotto il profilo statico ed altri aspetti di natura fisica (e non abbiamo elementi per sospettare il contrario), quando si incomincerà ad adeguarla sotto l’aspetto strumentale ai fini della pedagogia e della didattica? Lungi dalle mie intenzioni entrare nel merito delle professionalità degli operatori della scuola. Sarebbe un gesto folle e ingeneroso. Dio me ne guardi!

Intendo dire, semmai: quando questa scuola diventerà adeguata ai tempi, mettendo a disposizione dei docenti e degli allievi gli strumenti più consoni per una attività di insegnamento-apprendimento in linea con l’evoluzione della società contemporanea?

In termini più semplici: un alunno che quotidianamente “smanetta” su uno smartphone piuttosto che su un tablet o un computer di ultima generazione, come può trovare stimolante o, quanto meno, interessante lavorare in una scuola che lo costringe ad apprendere attraverso l’uso statico ed esclusivo del libro e del quaderno?

Quando le classi saranno attrezzate con lavagne interattive multimediali (LIM – per chi ne avesse sentito parlare), di tablet o di computer, che non elimineranno mai l’uso del gesso e della lavagna di ardesia, ma che terranno l’alunno in continuo contatto con il mondo e con i saperi che il mondo custodisce e genera quotidianamente all’insaputa delle scuole che tradizionalmente pretendono di imprigionarlo nelle segrete ammuffite di un ambiente da primo novecento?

Ci vuole una scuola che si apra al mondo! Che parli i linguaggi del mondo, che si alimenti e si nutra delle esperienze del mondo. Perché alunno deriva da alere (trad. nutrire, alimentare, etc.).

Una scuola da terzo millennio non deve, tuttavia, solo atteggiarsi o “agghindarsi” da terzo millennio. Deve averne l’anima, il pensiero, il cuore, la testa. La scuola da terzo millennio non è sonnecchiosa ed introversa. Essa si proietta sulla gioventù del terzo millennio, la attrae con la sua luce, ne cattura l’interesse, ne amplifica le motivazioni tanto da accrescerne le potenzialità, valorizzarne le tendenze, aprendo spazi futuri meno incerti e meglio connotati, facendo sì che il terzo millennio non sia solamente una data sul calendario o una insignificante frazione temporale da attraversare alla bell’e meglio in un alone di invisibile anonimato.

La scuola deve impegnarsi a formare uomini degni del proprio tempo. E gli strumenti non possono essere altri se non quelli del proprio tempo. Essa non può andare (spesso con notevole ritardo) a rimorchio della società, deve esserne il motore propulsivo.

La nostra lo è?

La domanda è rivolta ai soggetti preposti a dare alla scuola tutti gli strumenti necessari per garantire ai ragazzi la permanenza in ambienti di apprendimento il più aderenti possibile alle esigenze di una società in evoluzione. Poiché i ragazzi, al pari e meglio delle infrastrutture fisiche alle quali vengono dedicate risorse economiche di notevole entità (spesso sproporzionate) per la loro realizzazione e progettazione, sono la materia prima di qualsiasi comunità. E ai progettisti della loro formazione, che non sono altro se non gli operatori della scuola, va dedicata quanto meno la stessa attenzione che si dedica ad altro tipo di progettisti. Le città si urbanizzano meglio se vi sono più intelligenze da curare. È un principio di “ecologia” umana da non sottovalutare. Altrimenti, prima o poi, dovremo seguire l’esempio (o la moda, se si vuole) della squadre di calcio: utilizzare talenti stranieri.

Luigi Parrillo