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San Marco Argentano - Polis

 

 

31 gennaio 2014

 

 

Padrone, perdona loro:

“Non sapevano quello che stavano facendo”

 

 

Nel leggere la seconda puntata delle confessioni di Termine (leggi), sembra quasi di sentir parlare un'altra persona. Non lo avevamo mai sentito esporre con un eloquio tecnicamente impostato quasi fosse un politico consumato. Nella sua arringa ci sono tutti gli elementi identificativi di un discorso molto marcato, direi quasi “griffato”, per le sottolineature di competenza e di fedeltà riservate a soggetti ben precisi ed omogenei, che si potrebbero esemplificare come le remore attaccate al corpo di uno squalo.

Ne fa le spese Nando Lanzillotta (uno di quelli del centro storico), bocciato come inetto e incompetente, costretto a subire, senza averne contezza, i progetti intelligenti di qualcun altro, che, naturalmente, non è del centro storico.

Perché il centro storico, con la sua architettura antica e il suo vecchio convento adibito a palazzo comunale, impediva alle persone che cercavano il sindaco di poterlo intercettare nel labirinto delle decine e decine di stanze, dove sono allocati gli uffici comunali, che l’ex primo cittadino frequentava quotidianamente per verificare che tutto funzionasse a meraviglia nella struttura amministrativa del municipio e per imparare, contestualmente, il mestiere di sindaco ancora inesperto.

Ecco perché nessuno lo trovava mai. Ce lo spiega nel corso dell’intervista in cui dichiara che non gli sono mai piaciute le passerelle. Egli amava i luoghi nascosti, reconditi, per lavorare in santa pace, senza che qualcuno gli rompesse le scatole.

Da qui, l’invito al mea culpa a «falchi e colombe». L’aula consiliare, a sentire lui, doveva somigliare tanto ad una voliera, se non fosse per il ramarro, che, da rettile, disturbava l’omogeneità zoologica dei volatili.

Ma tutto ciò è storia di ieri. La si racconta per sorridere amaro. Il futuro è nelle mani della città, che ancora non si è perfettamente svegliata da questo brutto sogno.

Luigi Parrillo