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luglio 2014 Ritratti Dio
non paga il sabato. E chi si sente Dio non fa caso al giorno della settimana:
paga e basta. Si. Perché i servigi resi vanno sempre pagati, specialmente
alle persone che dedicano la propria vita a rendere servigi. Non importa a
chi. Ciò che conta è servire e trovarlo utile, o meglio, servire e trovare
l’utile. L’ex sindaco fuggitivo Alberto Termine, per esempio, pagava a
rate, a stralci, per stati d’avanzamento. Altri pagano in contanti, cache,
sull’unghia. Ecco la differenza. E l’immagine? Chi se ne frega! L’immagine è quella che si vede
da fuori; il baco sta dentro, chi lo nota, chi lo vede? Gli occhi biologici colgono l’involucro, la crosta, l’ultimo
strato di vernice. Sono gli occhi della mente, dello spirito, dell’anima che
penetrano nel nucleo di talune cellule della società, ne analizzano la
sostanza, ne scompongono le parti tenute assieme da materia ibrida in
continua trasformazione. Ed è sulla metamorfosi perenne di questo brodo
primordiale che si fonda la sopravvivenza genetica della instabilità
culturale, etica, sociale, causa ed effetto delle storture che ammalano da
sempre il contesto umano in barba ad ogni norma, ad ogni precetto, consegnati
agli uomini dal pensiero filosofico, religioso, civile. È il concetto della sopravvivenza che guazza nel guazzabuglio
(il bisticcio è d’obbligo) dell’imbroglio, del raggiro, dello sgambetto
maligno, del tradimento abituale, del disprezzo dell’altro, dell’avidità
gratuita, dello strisciare silente, dell’avarizia di sentimenti. L’antica
saggezza popolare ne immagina emblematicamente la figura: glabra sul volto e pelosa
sul cuore, il sorriso stampato sotto lo sguardo accigliato, l’incedere quasi
scivolando sul suolo che calpesta appena per forza di gravità, la parola
untuosa che si insinui con facilità nelle coscienze deboli, la determinazione
a perseguire qualsiasi obiettivo a danno di chiunque. Usate come sanguisughe raccolte nella palude stagnante del
pressappochismo etico di talune fasce sociali, queste persone risultano
funzionali alla crescita di personaggi sottolineati non positivamente dalle
cronache giornalistiche e televisive, nonché dai network più in voga. Ne
colgono lo spirito, ne imitano lo stile (si fa per dire), ne alimentano le
ambizioni, ne incrementano le fortune da cui dipendono le proprie. Tutto il resto non conta. È materia per gli sciocchi. Perché
stoltezza e rettitudine sono la stessa cosa. Per costoro, scaltrezza vuol
dire disonestà e sono sempre più numerosi i seguaci di questa filosofia,
mentre le istituzioni chiamate a correggere tali devianze probabilmente
latitano per una sorta di ottimismo sociale tutto da rivedere. I correttivi? Ciascuno li ricerchi nella propria capacità di
vivere come elemento attivo della migliore democrazia partecipativa. Luigi Parrillo |
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