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21
maggio 2014 Ora
o mai più
Un ventaglio di scelte e di occasioni si è aperto più ampio
che mai, e si respira sempre meno l’atmosfera opprimente del voto coatto che
ha sempre ristretto gli spazi del pensiero libero. Il potere, reale o
millantato, che magnetizzava ampie fasce di elettorato e le incanalava
nell’imbuto del proprio tornaconto, è, oggi, molto ridimensionato dallo scoprirsi
di certi altarini, senza contare che nuove leggi hanno ridotto alle
dimensioni di un cunicolo le autostrade che, fino a qualche tempo fa,
portavano dritto ai banchi del consiglio regionale. La bacchettina magica con la quale si incantavano processioni
di ingenui, oggi ha, né più né meno, le dimensioni di uno stuzzicadenti. E le
promesse suonano false come il tintinnio di una moneta da tre euro. Qualcuno
ci crede ancora? Mi dispiace per loro. Per strada si ascoltano altri echi, le folle oceaniche si sono
diradate, i comizianti non ricevono più soltanto applausi e ovazioni; vecchie
cariatidi della politica locale snocciolano ricordi su copione come se
stessero recitando il rosario, trascurando l’importanza notevole che avevano,
allora, gli alleati di governo, senza i quali non avrebbero avuto né senso né
storia. Ma erano altri tempi. Dopo ci fu lo tzunami dei senza casa (politica, naturalmente)
alla ricerca di un rifugio, per via di una autorevolezza che non hanno mai avuto
nei partiti tradizionali. E facendo le dovute considerazioni, bisogna
riconoscere, purtroppo, che, in terra di ciechi, chi ha un occhio è re. E le
cariatidi rimasero sempre lì, immobili, a mantenere in piedi il palazzo. Ora, dopo tutta questa storia e questo tempo, ci si presenta
l’occasione di voltare pagina e di cambiare registro. Forse non riusciremo a
recuperare per intero le cose che ci hanno scippato (l’ospedale, la pretura,
la floridezza del commercio, la bellezza estetica della città), ma, per lo
meno, faremo in modo che non ce ne scippino altre. Ammesso che ci sia rimasta
qualche altra cosa da farci scippare. Quanto meno, potremo recuperare l’autorevolezza perduta.
Eviteremo che rappresentanti da operetta ci facciano tacere, mortificati senza
averne tutta la colpa, quando ci chiedono da quale città proveniamo. Tentiamo
di restituire alla nostra città la dignità di un tempo, la sua centralità nel
territorio della Valle dell’Esaro, il suo antico prestigio. Cose che abbiamo
svenduto per un piatto di lenticchie, avendole conferito il volto di
rappresentanti inadatti. Utili per sé, ma non per la città. Ora più che mai, quindi, è tempo di cambiare. Mi si richiama
alla memoria un celebre romanzo di Primo Levi dal titolo “Se no ora, quando?” Poniamoci anche
noi la stessa domanda e diamoci la risposta. Poi consideriamo se vale la pena
dare ancora credito a proposte stantie di governo della città, o dare fiducia
al nuovo che avanza e al suo entusiasmo. E poi, vogliamo trascurare l’immagine? Luigi Parrillo |
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