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marzo 2014 Il
PD acefalo e le sue anime All’acronimo PD corrisponde la denominazione Partito
Democratico. Un aggettivo, quest’ultimo, del quale ormai si appropriano tutti
senza averlo mai analizzato profondamente sia nell’etimo che nel significato. Aderire, pertanto, ad un partito che porta questa
denominazione, comporta il possesso di una consapevolezza di fondo che rende
l’eventuale adepto depositario di un tale carico di responsabilità sociali e
culturali, da differenziarlo enormemente dagli iscritti ad altri partiti o ad
altri gruppi, che non hanno nel proprio codice genetico il concetto di
democrazia chiaramente espresso nel nome. Scegliere di appartenere al Partito Democratico vuol dire, in
pratica, assumere la democrazia come fondamento filosofico, comprenderne il
senso profondo, accettarne le regole alle quali uniformare i propri comportamenti
rendendoli coerenti alla denominazione. Chi non se la sente di caratterizzare la propria immagine
politica con i principi basilari della democrazia di nome e di fatto, ha un
tale ventaglio di scelte nel panorama partitico italiano, per cui non sarà
difficile trovare un partito o un partitino che gli calzi a pennello come un
abito su misura. Intestardirsi a voler indossare un abito che non gli sta
bene, sa tanto di maschera carnevalesca per tentare di sembrare ciò che non
si è, prendendo in giro se stessi con la segreta intenzione di prendere in
giro gli altri. A meno che non vi siano delle ragioni nascoste che obblighino
di apparire in una certa veste per finalità che nessuno intende conoscere, ma
che non fanno certamente onore a chi sceglie percorsi di tale natura. Il
mondo delle militanze a comando è ormai così vasto e così affollato da
imporre continui e disinvolti sconfinamenti per garantire piccole e inutili
sopravvivenze sulla cui dignità non vale nemmeno la pena di soffermarsi. Sono queste le premesse che fanno dire di un partito, un
qualsiasi partito, che ha più anime. Ma la causa è a monte. Dovremmo chiedere
a ciascun iscritto con quale animo (o faremmo meglio a dire “anima”?) si è
accostato a quel partito. Dovremmo sapere se è stato attratto (e, quindi,
convinto) dalle caratteristiche socio-politico-filosofiche di quel partito o
se vi è entrato con la speranza di adattarvisi in seguito o con il proposito
di aggirarne le regole, travisandone il senso per utilizzarle a proprio uso e
consumo. Nella nostra città, gli esempi si sprecano. Le metamorfosi si
susseguono una dietro l’altra a ritmo incalzante, contagiando i partiti, i
gruppi, le correnti, le famiglie, gli amici degli amici, i capannelli di
piazza. Sono immuni i tifosi delle squadre di calcio. Il tifo non si
tradisce, le idee politiche, invece, lasciano il tempo che trovano! Nel PD sanmarchese, le idee
politiche latitano. Già nella scorsa tornata elettorale si fece una scelta
politicamente suicida, abbracciando chi oggi qualcuno vorrebbe ancora
riabbracciare. Termine era solo uno specchietto per le allodole. Come dire
che le esperienze pregresse, purtroppo, non hanno lasciato traccia nella
memoria di molti. In questo contesto,
Falbo ha lasciato la guida di un partito allo sbando. Un gommista direbbe che
si tratta di un banale problema di “convergenza”. Che su un automobile si
risolve in dieci minuti, ma in un partito necessita della sostituzione
dell’intero avantreno. Ora accade che l’organismo, privato dell’organo di governo,
ovvero dello strumento di guida, si muove su quattro ruote indipendenti:
ognuna va per una direzione casuale e non convergente, finendo per diventare
la ruota di scorta di strutture ben organizzate e collaudate. Se va bene.
Diversamente finirà in qualche burrone, dimenticata da Dio e dagli uomini.
Poiché in politica, la ruota libera, che non conosce percorsi lineari, non ha
mai tagliato traguardi importanti. Da ciò si evince che conoscere la Storia, nelle sue molteplici
sfaccettature, è utile solamente se la si prende anche in considerazione. Fa male vedere un partito organizzato, erede di decenni di
storia e di esperienze politiche, che della pluralità aveva fatto la ragione
della propria nascita e della propria esistenza, sbriciolarsi sotto la levità
di una contesa che, da quanto si legge nell’articolo de “l’Ora della Calabria”, si
riduce nella decisione di allearsi con il nemico storico (i cosiddetti serriani) o con
un nemico recente (Artusi, padre putativo di Alberto Termine). Divergenze, a dir poco, deliranti. Anche alla luce delle
vicende di cui si stanno rendendo protagonisti, ultimamente, gli uomini
politici della nostra regione. C’è da chiedersi meravigliati: cos’è che fa smarrire alla
gente il senno e la razionalità? Com’è che si possono prendere in
considerazione certe spinte esterne che hanno matrici storiche ben definite?
Quale strana confusione logica può indurre taluni al suicidio politico? Date risposte a queste domande legittime e spontanee. A chi, per le ragioni più diverse, che non intendiamo
analizzare né criticare in questa sede, volesse non condividere più il PD (Partito Democratico),
suggeriamo di condividere almeno un acronimo identico: PD (una Politica Decente)! Luigi
Parrillo |
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