|
|
||
|
11
marzo 2014 I candidati e la bussola Tra i fatti così come
realmente accadono e la maniera di raccontarli c’è sempre stata quella lieve
(ma non troppo) differenza che li rendono più appetibili sotto il profilo
della semplice curiosità, ma anche più interessanti, sia sul piano
dell’interesse spicciolo, sia su quello più psicologicamente sensibile, del
desiderio che si svolgessero in una determinata maniera. Spesso il racconto “accomodato” tradisce il punto di vista del
“narratore”, il quale spera che la propria versione del racconto abbia una
seppur minima influenza sulle conseguenze logiche e naturali. Usiamo, allora,
la definizione di narratore e non
di cronista perché tra i due
termini esiste una differenza abissale. Ci affidiamo, quindi,
al “racconto” per esternare le nostre modeste considerazioni, sperando che si
collochino in maniera divertente tra il vero e il narrato. Ora, a parte il solito gruppo consolidato nel tempo da una
tradizione “politica (?) fondata sulla commistione utilitaristica, che, fin
dall’inizio, ha messo al bando la coerenza ideologica di fondo (nel senso
filosofico del termine), il resto può essere rappresentato figurativamente
come una miriade, un nugolo di cellule in movimento che non sanno come e dove
trovare il possibile nucleo di aggregazione. Situazione liquida? Direi di più: aeriforme! Se potessimo usare un paradosso scientifico, diremmo aria nel
vuoto. Il che ci trattiene dal consigliare l’uso della bussola, perché nel
vuoto l’ago della bussola potrebbe non segnare alcun punto cardinale e
impazzirebbe come le stesse particelle di cui si parlava dianzi. Cosa suggerire, allora a queste cellule in libera
circolazione, le quali, probabilmente, ignorano da dove sono partite e non
riescono a stabilire con razionalità dove vogliono arrivare? Ma la politica è la scienza del possibile; per alcuni,
un’arte. Nella quale esprimono un estro insospettato, che vola sulle ali di
una fantasia incommensurabile tanto si espande nell’universo
dell’impossibile. Poiché il possibile è già troppo ordinario per certe menti
storicamente creative. Il massimo dell’originalità, nello studio scientifico del
fenomeno, risiede nel superamento dello spazio-tempo, che nel vuoto si
relativizza fino all’impensabile e all’inverosimile. Ecco, quindi, che la
politica, come arte e come scienza, viene esercitata da scienziati artisti i
cui prodotti innovativi sono assimilabili a reperti archeologici preistorici, di fronte
ai quali una pietra scheggiata è il massimo dell’innovazione tecnologica. Da
qui, è facile l’impostazione di un rapporto di proporzionalità diretta con i
cervelli che li avranno partoriti. Satira e allegoria a parte, direi che non c’è di che andare
orgogliosi. Se da una parte c’è il vuoto e dall’altra il buio, le prospettive
future non possono essere che da paura. Il fatto che nessuno se ne spaventi troppo, o che in taluni
casi qualcuno ci rida sopra, è come scavare una buca così profonda da
seppellirvi dentro l’intera città. Se le cose dovessero davvero stare in
questo modo, saremmo alla vigilia di uno tzunami
sociale. La gente non può aspettare che accada l’impensabile per poi
piangervi sopra. Bisogna prevenire qualsiasi tracollo socio-politico. Il
diavolo è dietro l’angolo ed è proprio brutto come lo si dipinge. Dopo, non ci sarà spazio per nessuna cosa; neppure per il
pentimento, che pure sarebbe inutile. Luigi Parrillo |
|
|