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2
maggio 2014 “Dalla
città sottomessa, alla
città protagonista” Alla
comparsa di questo slogan sulla pagina di questo sito, che contiene l’elenco dei
candidati nella lista “PROGETTO COMUNE” guidata da Antonio Lanzillotta, mi è
pervenuta la gradita telefonata da parte di un amico molto caro con il quale,
da sempre, condivido analisi socio-politico-culturali di un certo tono e di
una certa intelligenza. Va detto, per inciso, che il livello di condivisione
delle analisi elaborate è sempre stato percentualmente molto elevato, a
riprova di una sintonia e di una armonia di pensiero che rifugge da piccole
partigianerie e si accosta, con ottima vicinanza, al criterio della
oggettività, oltre che ad indiscutibili principi etici. La
prima domanda, che mi rivolge a bruciapelo, è: «Lo slogan è tuo o della
lista?» Rispondo candidamente che lo slogan è mio ed è lo sforzo
interpretativo, per sintesi estrema, di quella che mi è parsa essere una
delle finalità sociali e politiche della coalizione in lista. Mi
stupisco nel non sentirlo d’accordo, dal momento che lo slogan è contestuale
e in linea con il tono degli argomenti che questo sito propone sin dalla sua
nascita e lo si può verificare leggendo gli “argomenti correlati” nella
pagina “speciale elezioni”. Non solo, ma è anche un concentrato di tutte le
argomentazioni condivise di cui scrivevo qui in alto. Il
mio fraterno amico, senza alcuno spirito polemico, non gradiva il concetto di
sottomissione, perché poteva urtare la suscettibilità di qualche elettore,
che mai, in ogni caso, sarebbe stato convinto ad aderire ai principi portati
avanti da Antonio Lanzillotta e dalla sua squadra. Bene!
Poniamoci qualche domanda (poiché la vita è problema): ·
Cosa è, se non sottomessa, una città che si vede chiudere un
ospedale senza esprimere un briciolo di protesta come è accaduto in altri
posti? L’ospedale significava per la comunità sammarchese non solo un
presidio indispensabile per la salute dei cittadini, ma anche un elemento di
crescita per l’economia locale. Accanto all’ospedale ci sono esercizi
commerciali (bar, supermercato, negozi vari) che oggi avvertono una crisi
profonda. La loro clientela si è, a dir poco, dimezzata (se non, addirittura,
ridotta a meno di un terzo); le scaffalature sono semivuote e gli avventori
che li frequentano sono rari come le mosche bianche. ·
Cosa è, se non sottomessa, una città alla quale chiudono il
tribunale - o “la pretura” che dir si voglia - e non solo tace rassegnata, ma
addirittura si rende parte diligente per aiutare ad evacuare carte e
suppellettili? Vicino al tribunale, prosperavano negozi (alcuni oggi in fase
di chiusura), supermercati, che il via vai di cittadini e di avvocati
frequentavano nei giorni di udienza non per fare un giro turistico, ma per
acquistare e quindi far circolare denaro. ·
Cosa è, se non sottomessa, una città che subisce, senza batter
ciglio, il danno della non riapertura della strada di Cavallerizzo, la quale
ha tagliato proditoriamente i ponti con popolazioni limitrofe di lingua
albanese e non solo, che la domenica affollavano la strade della nostra
città? Ricordiamo tutti che muoversi di domenica nel centro storico era quasi
un’avventura. Si sgomitava per raggiungere Piazza Riforma dal centro
cittadino e viceversa. Oggi potresti andarci in bicicletta (o in scocoter, se non chiudessero il traffico) senza investire nessuno. Senza
contare che molti negozianti stazionano annoiati sulla porta del loro
esercizio. Tutto ciò non è un danno per l’economia? Allora, vorrei
chiedere al mio amico, cosa sarebbe cambiato se, invece di scrivere “dalla città sottomessa, alla città
protagonista” avessi sintetizzato il tutto con un simile cartiglio: Il fatto è che spesso molte obiezioni hanno una profonda
motivazione psicologica e non di rado servono a giustificare la non piena
condivisione delle nostre decisioni preconcette. In pratica, servono a
giustificare ai nostri stessi occhi l’assunzione di posizioni delle quali non
siamo pienamente convinti e soddisfatti. Nulla
da dire, a tal proposito. Io sono un
fermo assertore della sovranità dal singolo cittadino, al quale riconosco
(come è giusto che sia in democrazia) il diritto di esercitare la propria
autonomia scegliendo, fra ciò che è più giusto, o più utile, o più
conveniente, quello che meglio si adatta alla sua personalità. Dallo
stupore iniziale, non può che scaturire naturalmente una ulteriore domanda: -
Come mai argomentazioni valide e condivise in tempi “normali”, vengono messe
in discussione e non gradite, non condivise, non accettate sotto elezioni? - Non
vorrei che prendesse piede l’idea che le campagne elettorali venissero
etichettate come il tempo delle “verità nascoste”. Sarebbe come contraddire i
principi fondamentali del nostro modo di essere e la filosofia di base che
cementa, tra l’altro, la nostra amicizia. Luigi
Parrillo |
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